Governo Conte, o così o Pomì - di Frida Nacinovich

'O così o Pomì’, lo slogan della passata di pomodoro ha avuto talmente successo da essere diventato, nel tempo, un modo di dire. Quasi quarant’anni dopo, si attaglia bene, calza come un guanto, al secondo governo di Giuseppe Conte. Quello con il Movimento Cinque Stelle, di cui non si può mai fare a meno visti i numeri in Parlamento, il Pd e Leu, di cui non si può fare a meno da quando mojito-Salvini ha iniziato a sbandare visibilmente. Solo colpa dell’alcol? Non si direbbe, a giudicare dalle sue performance nei due mesi di lockdown e in questo maggio di progressive riaperture.

Gli ultimi sondaggi raccontano di una Lega al 25%, un Pd al 21%, i Cinque stelle poco sopra il 15%, Fratelli d’Italia poco sotto il 15%, infine Forza Italia al 7%. Gli altri, compresa Italia viva di Matteo Renzi, sono tutti sotto il 4%. Insomma contano poco, se non in Parlamento, perché lì i numeri sono ben diversi. Più interessante è il dato che guarda alla popolarità degli attuali protagonisti della politica italiana: continua a piacere Giuseppe Conte, ed è piaciuto l’atteggiamento ‘nazionalista’ di Giorgia Meloni, che infatti ha tolto consensi alla Lega di Matteo Salvini. Ancor più interessante l’atteggiamento degli italiani e delle italiane nei confronti della politica, a cui chiedono di darsi da fare per aiutare a risolvere i tanti problemi concreti del post-pandemia, senza attardarsi in giochi di palazzo e rappresentazioni teatrali fini a se stesse.

Per questo il Conte bis è come la passata di pomodoro, irrinunciabile anche solo per preparare un buon piatto di penne al pomodoro e basilico. Chi lo ha subito capito sono gli industriali, che come volpi davanti alle reti di un pollaio si sono dati da fare per entrare e fare razzia, anche riuscendovi perché il contadino (leggi governo) era quantomeno distratto. Del resto, non appena qualcuno azzarda critiche nei confronti del governo, subito gli si fa presente che il precedente esecutivo, quello giallo-verde, M5s-Lega, era peggiore. In questo modo però qualsiasi critica, anche quelle costruttive, perde forza. Di fronte al babau Salvini tutte le minestre sono buone. Anche quelle oggettivamente immangiabili. Una situazione che allontana dalla politica, i sondaggi lo registrano. E che fa apparire il Pd come l’usato sicuro su cui si può sempre contare.

A prescindere dalla eterogeneità delle posizioni dei suoi dirigenti più rappresentativi. Nel partitone tricolore, l’arcobaleno delle posizioni non è un optional, è di serie, come l’aria condizionata sulle automobili. Si va dallo sguardo a sinistra di Andrea Orlando alla visione confindustriale del governatore emiliano Stefano Bonaccini, dalla ecumenica leadership di Nicola Zingaretti agli scoppiettanti pronunciamenti del governatore campano Vincenzo De Luca e di quello pugliese Michele Emiliano.

Tutto quanto fa Pd, ben lo ha capito il fiorentino di campagna Luigi Lotti, non lo ha capito l’altro fiorentino di campagna Matteo Renzi. E a occhio è sembrato più avveduto il primo del secondo. Fa tanto Pd anche il tifo per il Movimento Cinque stelle, che in un tempo non remoto era considerato l’anticristo, e che ora è il miglior compagno di viaggio, governativo s’intende, che si potesse immaginare. Salvate i soldati pentastellati, questo è l’ordine di servizio diramato dai piani alti del Nazareno (leggi Franceschini, Bettini, Boccia). Altrimenti addio governo.

E avvio di una fase così tumultuosa e insondabile, che nemmeno il mago Otelma potrebbe riuscire a prevedere.
Le italiane e gli italiani hanno passato la primavera a casa. E ora che si riaffacciano, pur con qualche cautela, alla vita di tutti i gironi chiedono una mano. Una ripartenza ordinata, maggiore giustizia sociale, meno intrallazzi e più politica. Riusciranno i nostri eroi ad accontentarli, ben sapendo che tutta una serie di condizioni, dalla globalizzazione senza freni al just in time, sono destinate a finire progressivamente in archivio? Lo scopriremo solo vivendo il dopo virus, che paradossalmente fa più paura del virus stesso.

Non solo in Italia, ma anche in Europa e, a ben vedere, in tutto il cosiddetto ‘mondo occidentale’. Magari andrà tutto bene, come hanno scritto con i colori dell’arcobaleno i bambini sulle lenzuola appese alle finestre, di sicuro nulla sarà come prima. Perché parecchie cose dovevano cambiare, e questo ancor prima dell’esplosione del coronavirus. Lo provano i dati macroeconomici, gli studi sempre più diffusi e apprezzati di economisti ‘eterodossi’. Perfino l’immaginario collettivo del cinema e della tivù: qualcuno ha mai fatto caso a quanto successo abbiano avuto, specie fra i più giovani, le storie di mondi distopici dominati da tirannie che hanno ridotto le popolazioni in povertà, con le conseguenti ribellioni? Dal poetico cacciatore di androidi di Blade Runner 2049, alla ragazza di fuoco di Hunger Games. Ai millenials andranno date risposte, non solo film.