Monti calamita e calamità

La politica italiana non è bipolare. Non ci sono un polo positivo (progressista) ed uno negativo (conservatore). La calamita del governo Monti attira indistintamente Pd e Pdl, che talvolta non capiscono ma si adeguano sempre. Nel voto parlamentare non c’è trucco, non c’è inganno: le luci si accendono sulla riforma Fornero delle pensioni, sulla ‘spending review’, sul rifinanziamento delle missioni militari all’estero. Il paese protesta, il capo dello Stato firma. Hanno detto che l’alunno Italia doveva fare i compiti a casa per non essere bocciato in “economia domestica”. Ne ha fatti fin troppi, pagando a carissimo prezzo le ripetizioni. Morale della favola: l’Italia rischia ugualmente di  perdere l’anno. In realtà l’ha già perso, vista la recessione di questo 2012 e le previsioni non certo rosee per l’anno che verrà.
Qualcuno diceva che l’alternativa era fra Mario Monti e la bancarotta. Il democristiano Casini e il post-fascista, post-berlusconiano Fini continuano a ripeterlo. Gli fanno tutti la corte. Da non credere. Eppure le cose stanno così. E l’Udc sarà uno dei protagonisti del prossimo governo. Il Pd lo vuole nella grande alleanza post-elettorale fra progressisti e moderati, il Pdl lo vorrebbe nella grande casa dei moderati, senza più la Lega ma sempre rigorosamente alternativa alla “sinistra”. Alfano, La Russa, Cicchitto e Gasparri riescono ancora a dire senza ridere che il Pd è l’erede del Pci. Il coraggio di candidare Monti a premier l’ha soltanto l’Udc. La voglia di candidare i suoi ministri l’hanno sia il Pd che il Pdl. Se questo è il nuovo che avanza si capisce bene perché Renzi – giovane e ambizioso sindaco di Firenze – abbia fatto due più due e si sia candidato a diventare il futuro presidente del Consiglio. Renzi premier, i fan di Beppe Grillo in Parlamento. E una sinistra imprigionata fra schieramenti problematici e alleanze di comodo, troppo divisa per rappresentare un mondo che non è calamitato dal governo Monti.


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