Napolitano e i dieci saggi, la squadra più chiacchierata della politica - di Frida Nacinovich

Si è votato, ma il governo è rimasto quello di Mario Monti. Un esecutivo dimissionario da Natale, anche se non sfiduciato dal Parlamento. Dopo quaranta giorni e quaranta notti di consultazioni, riunioni, incontri, summit,  Giorgio Napolitano ha deciso che il premier tecnico può restare a palazzo Chigi ancora un po’. Pazienza se non è più super partes, se si è messo alla guida di una formazione politica, se non è andato oltre il 10% alle elezioni. Monti piace alla signora Merkel e ai popolari europei, si è costruito la fama di inflessibile guardiano dei conti dello Stato, tanto basta al Quirinale per lasciarlo al suo posto. Un posto che, secondo molti, doveva toccare a Pierluigi Bersani. Perché è vero che le elezioni hanno visto tre coalizioni politiche – Pd più Sel, Pdl, Lega e resto della destra, Cinque stelle – praticamente alla pari, ma è altrettanto vero che Pd e Sel sono arrivati primi. Di pochissimo ma primi.
Il problema è che non esiste dialogo politico tra le tre principali forze. Il Pdl di Silvio Berlusconi vorrebbe la grossa coalizione con il Pd. Il Pd non vuole trattare alcunché con il Cavaliere. I Cinque stelle se ne fregano di tutto e di tutti. Solo loro sono gli uniti del signore, pardon dei cittadini elettori. Beppe Grillo vuole tornare a votare fin quando non arriverà alla maggioranza assoluta. Berlusconi vuole andare a votare prima che le sentenze di condanna gli impediscano di candidarsi. E il Pd? Si divide. Bersani voleva fare il primo ministro, anche di un governo di minoranza ma Napolitano gli ha detto “no”. Ora il segretario del Pd si è messo a disposizione (“non voglio essere un ostacolo, sono pronto a veder Berlusconi nelle sedi istituzionali”). Ma Bersani dopo la parentesi dei dieci saggi e l’elezione del nuovo presidente della Repubblica potrebbe anche tornare alla carica, con un diverso inquilino del Quirinale. Nel partitone tricolore c’è però chi non  condivide la chiusura a Berlusconi e vorrebbe un governo di “scopo”. Lo scopo è quello di far passare un anno e presentarsi nel 2014 con Matteo Renzi candidato premier, investito dal partito e dalle primarie. Da parte sua il sindaco rottamatore chiacchiera molto (“abbiamo perso tempo”), si fa vedere in giro,  in tv, si gode l’endorsement di Barbara Berlusconi (“è il migliore”).
Ma facciamo un passo indietro, torniamo ai dieci saggi, sei economisti (Rossi, Giovannini, Pitruzzella, Moavero, Bubbico, Giorgetti) e quattro costituzionalisti (Onida, Violante, Quagliariello, Mauro), in regalo dentro l’uovo di Pasqua confezionato da Giorgio Napolitano. I facilitatori in pochi giorni dovrebbero presentare una serie di proposte “condivise” per cercare di uscire dallo stallo. “Staremo dieci giorni in conclave”, assicurano i diretti interessati. A loro l’arduo compito di trovare un accordo su una nuova legge elettorale che sostituisca il porcellum, di discutere della riforma dell’Imu, della Tares e del blocco dell’aumento dell’Iva, di affrontare il tema dei costi della politica. Sarà difficile che possano farcela, visto che negli ultimi anni di questi temi si è discusso molto ma non è stato fatto nessun passo avanti. Napolitano respinge al mittente le critiche che gli sono state rivolte implicitamente - ma anche esplicitamente - di voler essere il deus ex machina della fase politica nell’ultimo mese del suo mandato presidenziale. Ma tant’è.
Mentre la leader dell’estrema destra francese Marine Le Pen (fronte nazionale) chiede un incontro a Grillo colpita dal suo antieuropeismo, Monti tiene a bada lo spread, almeno secondo i suoi non numerosissimi fan. Il quadro politico resta quanto mai confuso, nonostante i dieci saggi che insieme a Napolitano formano la squadra di calcio più chiacchierata degli ultimi mesi. I commentatori più fiduciosi costruiscono arditi parallelismi fra l’Italia e il Belgio, fra l’Italia e l’Olanda, paesi dove nel primo caso non c’è stato governo per un anno e passa, nel secondo è pratica corrente un lavoro comune fra forze politiche diversissime fra loro. Ma il consociativismo olandese non fa per l’Italia, almeno fin quando Silvio Berlusconi guiderà con braccio teso e mano levata il Pdl. Napolitano non passerà alla storia della Repubblica per l’idea dei dieci saggi e a ben guardare nemmeno per la scelta del governo tecnico di Mario Monti, visto quanto successo nell’anno di governo seguito al decreto “salva Italia”. Ma ormai tutti i riflettori sono puntati sull’elezione del nuovo capo dello Stato, che potrebbe arrivare – le scommesse sono aperte – prima della formazione del nuovo governo. 


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