rifondazione propone un piano del lavoro - di Riccardo Chiari

Intervista a Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista

Alla vigilia dei congressi di Pd, Sel e Prc, nei circoli dei tre partiti si sta già votando per i segretari locali e per le tesi o mozioni politiche sostenute dai vari candidati. A Paolo Ferrero, che di Rifondazione comunista è il segretario uscente, facciamo alcune domande su un tema cardine di tutti i congressi: quello del lavoro.

Ferrero, sostiene Matteo Renzi che un partito serio ha il dovere di fare proposte sul lavoro. Quali sono le vostre?
Secondo noi per poter affrontare il tema del lavoro è necessario uscire dalle politiche neoliberiste. Queste sono fatte apposta per mettere in concorrenza i lavoratori, abbattere i salari, e costruire un ‘esercito di riserva’. La politiche neoliberiste sono lo strumento con il quale si sta cercando di distruggere il welfare e i diritti del lavoro conquistati nel secondo dopoguerra.

In concreto quali proposte avanzate?
Sono sostanzialmente due. La prima, che potrebbe essere applicata già da domani, è il ‘Piano del lavoro’ su sui stiamo raccogliendo le firme per tradurla in una legge di iniziativa popolare. La logica è quella di prendere i soldi dove ci sono: dunque una patrimoniale sulle ricchezze superiori agli 800mila euro; un tetto a stipendi e pensioni sopra i 4mila euro nella pubblica amministrazione; una maggior tassazione sui redditi più alti, e la lotta, seria, all’evasione fiscale. In parallelo si tagliano le spese militari come l’acquisto degli F35, e si cancellano altri sprechi come le grandi opere inutili, a partire dalla Tav.

Quanto calcolate si possa ricavare con interventi del genere?
Una somma attorno ai 90 miliardi di euro. Da impiegare in politiche per l’istruzione, la sanità e l’assistenza. Poi il riassetto del territorio, il recupero del patrimonio archeologico, la ristrutturazione degli acquedotti e una generale riconversione ambientale dell’economia. Con queste politiche si possono creare da 1,5 a 2 milioni di posti di lavoro. Non tutti pubblici. Ma tutti per interventi di pubblica utilità.

Sono strategie d’azione praticabili, in questo momento e nel contesto generale?
Sono tutte proposte, al pari dell’abolizione della legge Fornero sulle pensioni e la riduzione dell’orario di lavoro, sulle quali non c’è da discutere con Angela Merkel. Nonostante le politiche sbagliate dell’Ue, l’Italia potrebbe metterle benissimo in campo.

Immagino che le politiche europee siano l’altro corno del problema.
La seconda proposta è infatti quella di non applicare i trattati europei. Dalla regola del 3% del rapporto deficit/pil al fiscal compact, e con l’intervento diretto di Bankitalia alle aste dei titoli di Stato, per abbattere i tassi di interesse. E’ necessario un recupero della sovranità del paese, in economia, per ridurre il potere della speculazione e contrastare le politiche di austerità.

Quali dovrebbero essere i passi politici da fare per mettere in pratica questa strategia d’azione?
Battere i pugni sul tavolo non serve. Si deve disobbedire e non applicare unilateralmente i trattati. Secondo noi è l’unica strada praticabile per uscire da questa situazione.

Dunque l’Italia contro tutti?
Nella sinistra europea siamo tutti d’accordo. In Grecia, Syriza si candida al governo ma non intende applicare il memorandum. E il pil greco è il 2,5% di quello dell’intera Ue, quello italiano il 19%. Inoltre abbiamo la bilancia dei pagamenti in attivo come la Germania, anche se in misura minore rispetto a loro. L’Italia può permetterselo.

Al congresso del Prc questi temi saranno centrali nella discussione?
Queste sono le proposte per il Paese, il passo successivo è come realizzarle. Noi pensiamo si possa farlo costruendo una sinistra alternativa sia al centrodestra che al centrosinistra, che non mettono in discussione le politiche europee. Ad esempio, nel programma di Matteo Renzi ci sono i ‘mini job’. Sono lavori a 500 euro al mese, e senza contributi. Peggio che in Cina. Quanto al 5 Stelle, nelle proposte politiche è vago. Grillo allude a certe cose ma poi non lo dice apertamente. Personalmente, non affiderei mai la mia pensione a chi non si sa cosa pensi.

Quando si parla di sinistra in Italia, viene in mente il proverbio: fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare...
Le manifestazioni del 12 e del 19 ottobre ci mostrano che la sinistra esiste, e che va costruita in forma partecipata. Una sinistra collegata alla sinistra europea, non un ‘allargamento’ del Prc ma qualcosa di nuovo. Al congresso, questa strategia si confronta con opzioni più ‘moderate’, che cercano di ripercorrere il cammino di Sel, e più ‘declamatorie’, che nella nettezza di proposte come la nazionalizzazione dei mezzi di produzione spingono verso un Prc solitario. Il congresso dovrà definire l’opzione maggioritaria, ma sempre lavorando per una gestione unitaria del partito. Il problema non è spaccare il capello in quattro, ma cercare di aggregare.

 


 

Se Ferrero censura il sindacato
Nell'intervista il segretario del Prc non nomina mai il sindacato, nonostante nelle tesi congressuali del Partito alla questione sindacale sia dedicato - nel bene e nel male - grande spazio. Parla di lavoro in modo politicista e autoreferenziale. Eppure il "piano del lavoro" è una proposta avanzata dalla Cgil... Questo è o non è un problema? (A.M.)


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