Contratto del turismo, un segnale di discontinuità - di Paolo Repetto

Intervista a Cristian Sesena, segretario nazionale Filcams e responsabile di settore

Entriamo innanzitutto nel merito dell’accordo. Quali sono le parti salienti? Quali le possibili criticità?
Abbiamo salvaguardato tutto l’impianto normativo del precedente contratto. Abbiamo migliorato gli aspetti economici legati al secondo livello di contrattazione, evitando derive pericolose, dopo l’accordo interconfederale sulla produttività che la Cgil non ha firmato, ottenuto alcune piccole ma significative migliorie alla procedura che riguarda gli appalti di servizio, vero dramma per i lavoratori degli alberghi. L’introduzione dell’orario medio come alternativa sperimentale alla flessibilità normalmente intesa, può, d’impatto, destare qualche preoccupazione. Ma più che di criticità parlerei di responsabilità. Nel controllo e nella gestione di questa nuova articolazione dell’orario di lavoro, il ruolo della Rsu/Rsa risulta infatti centrale. A loro spetterà il compito di vigilare sulla corretta implementazione del sistema e intervenire qualora esso non consentisse il giusto equilibrio fra esigenze delle imprese e dei lavoratori coinvolti.

Il turismo è un settore complesso, caratterizzato da una forte stagionalità, alta presenza femminile e tanti contratti a termine: in che modo l’accordo risponde a queste specificità?
Proprio l’orario medio si pone due obbiettivi importanti. Il primo: allungare il rapporto di lavoro attraverso il sistema della banca ore a consuntivo per i quasi 300 000 stagionali del settore (in gran parte donne) e far loro raggiungere i requisiti minimi per la mini aspi. Il secondo: consentire il mantenimento in forza dei lavoratori anche quando la stagione, per eventi climatici o fattori esterni, non decolla secondo le attese iniziali. L’accordo infatti prevede la possibilità, a parità di retribuzione, di svolgere minore prestazione lavorativa recuperabile nell’arco delle 13 settimane successive. Ciò di fatto consentirà di tener vivi i rapporti accesi evitando il ricorso a lavoro a chiamata o vaucher per far fronte all’imprevedibilità della domanda.
Il segretario generale Martini ha sostenuto che “l’intesa trovata dà avvio ad un percorso fondamentale per la contrattazione, anche in vista di Expo 2015”. Vuoi esplicitare meglio questo concetto?
A latere dell’accordo è stato siglato un protocollo in cui le parti, nella propria autonomia, si impegnano a collaborare per la buona riuscita dell’evento, che deve essere un momento di rilancio economico per tutto il settore nonché un’occasione per creare buona occupazione.

In una dichiarazione, dopo la firma, hai sostenuto che “non abbiamo sposato la logica di scaricare il costo del rinnovo sui giovani”: quali politiche inclusive sono state previste?
Premesso che ogni accordo trova le sue mediazioni nel contesto dei rapporti di forza e nella fase economica e politica in cui si va a collocare, fin dall’inizio ci siamo resi indisponibili ad assecondare la richiesta delle controparti che chiedevano un diverso regime di maturazione dei permessi per i nuovi assunti. Ricordo, che in questo settore, “nuovi assunti” sono anche gli stagionali che novano il rapporto di lavoro ogni anno. Assecondare questo tipo di richiesta avrebbe di certo portato un aumento salariale a tre cifre. Abbiamo preferito un aumento più contenuto alla creazione di un vulnus difficilmente recuperabile in futuro. Una riflessione a parte merita l’operazione negoziale prodotta sul contratto a termine acausale. In un settore dove il lavoro nero e grigio sono ancora di scottante attualità, come l’abuso del lavoro intermittente, definire fasce deboli del mercato del lavoro cui applicare questa nuova tipologia potrà rivelarsi scelta lungimirante.

Hai affermato anche che “la firma ha un valore politico” importante. Che cosa intendi dire?
Abbiamo firmato con 2 delle 4 controparti che avevano sottoscritto lo scorso rinnovo. La Fipe ha inviato la disdetta del contratto nazionale dopo aver abbandonato a metà del percorso la trattativa e 700 000 lavoratori all’oggi non sanno cosa verrà loro applicato dal 1 maggio. Fiavet ha abbandonato il negoziato pretestuosamente il giorno prima della firma. La nostra categoria sta vivendo uno stato di “calamità contrattuale” a causa dello sgretolamento progressivo delle controparti attraversate da tentazioni di ritorno all’800 e fascinazioni di stampo “marchionnista”.
Questa intesa lancia un segnale di discontinuità importante. Anche nella crisi si possono trovare soluzioni equilibrate senza calpestare i diritti delle persone, senza affossare le imprese, attraverso la faticosa pratica delle relazioni sindacali. L’ipotesi di accordo del 18 gennaio essendo un atto di grande responsabilità e’ innanzitutto una bella risposta nei fatti all’irresponsabilità e alla spregiudicatezza di chi ha voluto scientemente perdere l’occasione di firmarla.

Il mercato del lavoro di settore ha registrato un calo, nel 2013, del 13% rispetto allo stesso periodo del 2012. Quali sono i motivi? Di chi le responsabilità? Come invertire la rotta, secondo il sindacato?
Crollo della domanda interna innanzitutto. Un sistema incapace di innovarsi, che per troppo tempo è vissuto sugli allori del fatto che il nostro paese è il “ più bello del mondo”. L’assenza della politica ha fatto il resto. La crisi economica più grande della storia moderna ha finito per travolgere anche il turismo. C’è bisogno di investimenti pubblici fatti con intelligenza. Bisogna far dialogare cultura e turismo troppo spesso visti e vissuti come elementi a se stanti. Le parti sociali hanno idee e voglia di fare. Troppo spesso però quando si è deciso, e lo si è fatto poco, da parte istituzionale, lo si è fatto in maniera verticistica e senza coinvolgere gli operatori del settore. Se si lavora assieme, si può fare molto. Non solo per il settore, ma per il paese. In termini economici ma soprattutto occupazionali.


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