La sindacalizzazione capillare? "Inizia dal più piccolo negozio" - di Matteo Gaddi

Intervista a Roland Caramelle, segretario generale della Filcams Cgil Trentino

La storia sindacale di Roland, come quella di moltissimi dirigenti sindacali, parte direttamente dal luogo di lavoro: “Circa 20 anni fa lavoravo in un negozio che vendeva televisioni, lavatrici… insomma, un piccolo supermercato di elettrodomestici parte di una catena veneta con una ventina di dipendenti. Era gestita da un proprietario che si atteggiava a ‘padre-padrone’, soprattutto nei confronti del personale”. Questo concretamente significava che i dipendenti lavoravano molto più delle 40 ore settimanali senza che gli extra venissero pagati. “Io venivo da un ambiente familiare particolare, fin da piccolo quando abitavo a Bolzano seguivo le vicende sindacali di mio padre che lavorava alle acciaierie ed era della Flm”.
Questo ambiente familiare porta Roland ad avere una sensibilità diversa nel luogo di lavoro: “Quando mi arriva la prima busta paga chiedo al padrone perché non ci sono pagate tutte le ore che ho lavorato. Quello mi risponde che mi ha fatto fermare oltre l’orario di lavoro per una mia crescita personale!”. Una risposta inaccettabile, tanto che Roland decide, da solo, di attenersi agli orari di lavoro previsti dal contratto seppur in una condizione non certo facile. “Sono stato il primo che si è ribellato, all’inizio non ho ricevuto molta solidarietà dai colleghi, ma piano piano mi hanno seguito, soprattutto quando si sono resi conto che non mi succedeva niente, anche perché per difendermi conoscevo il Ccnl alla lettera”. Roland riesce addirittura a sindacalizzare quel negozio, tanto che il padrone decide di trasferirlo a Verona nonostante fosse delegato sindacale, “ma io non mi opposi al trasferimento tanto che cominciai anche a sindacalizzare il negozio di Verona, e a quel punto venni rimandato a Trento”. Dopo aver partecipato ad alcune vertenze significative, come i primi scioperi del centro commerciale di Trento, Roland fa l’ingresso nella categoria Filcams come distaccato, fino alla carica di segretario generale, ma sempre su posizioni “scomode”.
“Al primo congresso al quale partecipai, mi schierai con la mozione di ‘Cambiare rotta’, che riuniva tutta la sinistra sindacale. Successivamente mi sono avvicinato alla Rete 28 Aprile, ma non ho mai avuto visione settaria delle cose. La ‘Rete’ la vedevo come uno strumento per allargare ad altre categorie alcune battaglie condotte dalla Fiom”. L’attenzione, quindi, è rivolta ai temi concreti, a quelli aspetti che segnano un argine che non può essere sfondato pena il trascinamento verso il basso dei diritti di tutti i lavoratori. “La stessa Fiom per me non è un totem, sono anche contro la personalizzazione delle posizioni, ma su alcune questioni le posizioni del sindacato del metalmeccanici potevano costituire un riferimento anche per altri settori e la ‘Rete’ avrebbe dovuto svolgere questo ruolo di raccordo”. “Ora, invece, la posizione della Rete è settaria, mette insieme molte incoerenze, anche di percorsi personali, di chi in Filcams mi attaccava da destra e ora fa il rivoluzionario”.
Per Roland, abituato alle discussioni vere con i lavoratori, sui loro problemi concreti, non è accettabile l’approccio congressuale di chi, anziché il rapporto di massa, preferisce privilegiare una battaglia tutta interna all’organizzazione. “Nel pieno della crisi conta molto di più discutere con i lavoratori, sui loro problemi, sul sindacato di cui hanno bisogno per fare le lotte”. Risulta difficilmente comprensibile, per Roland, come si possa attaccare la Fiom, soprattutto in quei settori che hanno fatto molte ore di sciopero con battaglie dure (come alla Fiat): “Come si può dire che quella posizione si è piegata a quella della Camusso?!”. “Per questo ho ritenuto di stare nel documento, ma appoggiando gli emendamenti su alcune questioni importanti come le pensioni, la democrazia, la rappresentanza: questo ti permette di interloquire con i lavoratori”.
A proposito di rappresentanza, sono appena state definite le regole col Testo Unico del 10 gennaio. “In questo congresso sto verificando una certa disaffezione dei lavoratori, la partecipazione si è ulteriormente abbassata. Subiamo molto questa forma di allontanamento dei lavoratori, per cui penso che definire delle regole sulla rappresentanza, sul diritto dei lavoratori di esprimersi, sia fondamentale, così si sentono parte attiva”.
Nel settore della Filcams sono stati firmati due accordi separati, sui quali i lavoratori non hanno potuto esprimersi. “Per questo credo sia importante un sistema di regole, ma in esso vedo molti limiti, come le sanzioni, l’arbitrato ecc., cioè aspetti contrari alla sentenza corte costituzionale. Segnalo tuttavia una cosa: nel mio settore, la controparte (Confcommercio) non firmerebbe neppure quel tipo di accordo che da noi segnerebbe un passo in avanti. A loro non serve perché il nostro tasso di sindacalizzazione è molto basso; in assenza di regole Confcommercio può determinare quello che vuole senza particolari opposizioni sociali. Servirebbe una legge che sancisse il diritto di tutti lavoratori ad esprimersi. Noi abbiamo subito anche disdette di contratti, con la controparte che faceva leva sulla nostra debolezza in alcuni settori. La democrazia nei posti lavoro non può essere un accordo corporativo, deve essere una cosa vera”.


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