L'acqua è ancora una merce - di Riccardo Chiari

Il Tar della Lombardia ha bocciato il ricorso del Forum dei movimenti per l’acqua e della Federconsumatori, contro l’inserimento nel sistema tariffario della voce “costo della risorsa finanziaria”. Una voce che di fatto ha riportato in bolletta, sia nel 2012 che nel 2013, la remunerazione del capitale del 7% cancellata dal voto di 27 milioni di italiani. “Prendiamo atto della sentenza - commenta Corrado Oddi del Forum – certo la decisione si muove lungo le direttrici del pensiero economico dominante. Quello per cui l’acqua è una merce, e il servizio idrico va consegnato al mercato”.
Comunque i movimenti per l’acqua non arretrano: “Ribadiamo che il metodo tariffario predisposto dall’Authority viola palesemente l’esito del secondo referendum sul servizio idrico del giugno 2011, quello che ha abrogato la remunerazione del capitale investito nelle tariffe”.
Invece i giudici amministrativi ritengono che dopo il referendum, senza l’intervento dell’Authority, sarebbe stato applicato il vecchio, ancor più sfavorevole metodo tariffario del 1996. In dettaglio, il Tar scrive: “L’ipotetico annullamento della delibera 585/2012 (quella dell’Authority che regolava “transitoriamente” la tariffa del servizio idrico integrato, ndr) non porterebbe di per sé a un risultato utile per le associazioni. Non essendo immaginabile una sorta di vuoto normativo tariffario, avrebbe avuto applicazione il regime del Dm del 1996, in attesa dell’intervento di regolazione”. Attribuito nell’autunno 2011 all’Aeeg.
Fra le tante, a mancare nella sentenza del Tar è la spiegazione di come l’Authority, formalmente indipendente ma i cui membri sono di fatto nominati da governo e parlamento, possa elaborare un (pur transitorio) metodo tariffario che fa rientrare dalla finestra, sotto la voce “oneri finanziari”, quella remunerazione del capitale cancellata da un referendum che ha rilevanza costituzionale. Di qui la durissima presa di posizione del Forum: “Questa decisione assume un significato che va ben al di là del contenuto specifico del ricorso, e attiene maggiormente a principi quali il rispetto degli strumenti di democrazia diretta garantiti dalla Costituzione, il rispetto della volontà popolare”.
La mobilitazione, assicurano i movimenti per l’acqua, non si fermerà. Non è escluso (anzi) un ricorso al Consiglio di Stato. Intanto però si procede secondo le logiche del mercato e del profitto, vedi la recente deliberazione con la quale l’Aeeg ha approvato metodologia e procedure per le tariffe 2014-2015. In risposta, il Forum andrà avanti nelle campagne di “obbedienza civile” per non pagare in bolletta la remunerazione del capitale, e per l’effettiva ripubblicizzazione del servizio idrico.

Privatizzatori all’attacco

Da una parte i movimenti per l’acqua possono contare su prese di posizione importanti. Ad esempio il Consiglio regionale del Lazio ha recentemente approvato una specifica legge che fissa alcuni meritori principi di fondo. E crea addirittura un fondo per incoraggiare la ripubblicizzazione del servizio idrico, in quei (non pochi) comuni dove la gestione è attuata con norme privatistiche o affidata alle multinazionali. “L’acqua è un bene naturale e un diritto naturale universale” c’è scritto nel provvedimento che pone il divieto di fini lucrativi. Prevedendo invece la possibilità per i comuni di organizzarsi in consorzi, e affidare la gestione delle risorse idriche anche a società di diritto pubblico.
Sul fronte opposto, i privatizzatori non demordono. Sono agevolati dalla decisione del Tar della Lombardia di bocciare i ricorsi del Forum dei movimenti per l’acqua e della Federconsumatori sul profitto garantito (7%) per i capitali investiti nel settore. Ma anche dal colpevole immobilismo degli organi costituzionali che dovrebbero rispettare e far rispettare il voto di 27 milioni di italiani. Cioè dai quattro governi che si sono succeduti dal giugno 2011 ad oggi - guidati da Silvio Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi – e dalle forze politiche (Pdl poi diviso in Fi e Ncd, Pd, Sc e Udc) che hanno sostenuto gli esecutivi. Quanto a Giorgio Napolitano, che pure dovrebbe essere garante della Costituzione e dei suoi strumenti attuativi, fra i quali i referendum, il suo silenzio fa impressione.
Così, al convegno dell’Aifi (l’associazione che rappresenta i fondi e le società “che operano attraverso il capitale di rischio, investendo in aziende con l’assunzione, la gestione e lo smobilizzo di partecipazioni prevalentemente in società non quotate”), un socio forte come Vito Gamberale ha spiegato a chiare lettere: “L’Italia deve dare origine a una grande aggregazione nell’acqua e nei rifiuti. Il ruolo di aggregatore non può essere assolto dallo Stato, per carenza di finanza pubblica. Dunque la gestione può essere perseguita solo attraverso la finanza privata”. Per la cronaca, il convegno ha avuto per titolo “Finanziare la ripresa”. In questa ottica, Gamberale è stato altrettanto esplicito: “Auspico che il governo Renzi vada avanti con le privatizzazioni, e punti proprio sulle multiutility locali”.


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