La battaglia delle "scodellatrici" per il salario e le condizioni di lavoro - di Angela Maiocchi, Maria Luisa Rosolia, Mariangela Tognon

In provincia di Milano circa 3.000 donne tutti i giorni servono i pasti ai bambini e ai ragazzi che frequentano scuole materne, elementari e medie; solo a Milano siamo 1.600. La gran parte lavora dalle due alle quattro ore al giorno, mentre i tempi per raggiungere il posto di lavoro arrivano al 50-70% di quelli di lavoro. I salari vanno da 300 a 500 euro al mese per nove mesi l’anno, perché ci adeguiamo al calendario scolastico. Per i mesi estivi – durante i quali non percepiamo lo stipendio – non abbiamo nemmeno il diritto alla disoccupazione ordinaria, né a quella a requisiti ridotti come avviene per i lavoratori stagionali.
Da quindici anni questo lavoro è dato in appalto dall’azienda comunale ‘Milano Ristorazione’ a cooperative che cambiano in media ogni tre anni. La Filcams è presente in modo capillare e continuativo nella gestione degli appalti – settore che ha bisogno di più risposte – e ha raggiunto alcuni buoni risultati: abbiamo discusso molto della necessità di rivedere le regole per le gare, tenendo conto che anche a livello europeo il Parlamento e il Consiglio hanno approvato la nuova Direttiva sugli appalti ed entro due anni i paesi membri dovranno recepirla.
Nella nuova Direttiva compaiono alcune novità: la più importante è l’invito ad indire le gare non più con il criterio del massimo ribasso, ma secondo l’offerta economicamente più vantaggiosa, che tenga conto di requisiti minimi di qualità del servizio e di condizioni di lavoro.
Il nostro settore riflette una condizione di frammentazione e precarietà. Frammentazione dovuta alla lontananza tra un plesso scolastico e l’altro che non aiuta ad aggregare le lavoratrici e a coinvolgerle in progetti di interesse comune. Precarietà che deriva dal sistema degli appalti. Per tutta risposta, le cooperative cercano di risparmiare sempre a spese delle lavoratrici.
Dopo numerose azioni messe in atto dal sindacato dal 2005, abbiamo ottenuto l’applicazione del contratto del turismo, mentre in precedenza le assunzioni erano regolate con il contratto delle pulizie, con la qualifica di soci-lavoratori e al livello più basso della categoria.
Con l’ultimo cambio d’appalto, nel 2010, alle quattro cooperative ‘Milano Ristorazione’ ha affidato la gestione anche degli asili comunali, non solo per quanto riguarda la ristorazione ma anche per il bidellaggio. Alle cooperative non serviva altro per tornare al contratto dei multiservizi: così, ora, 1/3 delle nostre colleghe lavora nelle mense statali con il contratto delle pulizie.
Viene utilizzato anche il lavoro a chiamata dalle agenzie interinali: le lavoratrici vengono chiamate all’ultimo momento alla mattina, devono presentarsi sul posto di lavoro anche solo per 1 ora e mezza e se non accettano non vengono più chiamate. E’ la situazione peggiore: sembrano pacchi postali spostati un giorno di qua e un giorno di là.
Capita pure che ci chiedano di rimanere a casa perché a scuola c’è un’epidemia d’influenza o una gita scolastica e mancano i bambini a cui servire i pasti (perché le cooperative vengono pagate in relazione ai pasti distribuiti); a loro non importa che il nostro contratto preveda un tot di ore settimanali fisse.
Il minimo settimanale per ogni contratto è di 14 ore per il multiservizi e di 15 per il turismo, ma per le nostre cooperative è un optional: abbiamo colleghe assunte come dipendenti a 10 ore in tutto, alcune cooperative utilizzano contratti come socie-lavoratrici anche da 7,50 ore settimanali.
Ora dovrà essere il Sindaco di Milano a dover rendere conto a queste lavoratrici; dovrà mantenere l’impegno al rispetto dei contratti nelle aziende che lavorano per lui.
Dal canto nostro abbiamo lavorato molto per far crescere a consapevolezza che il sindacato non è solo tutela individuale del lavoratore, bensì uno strumento di tutela dell’interesse collettivo, in un momento di crisi profonda, nel quale i lavoratori rappresentano la parte più debole e poco tutelata. La Cgil ha comunque prodotto sforzi e raggiunto obbiettivi, anche recentemente. Ad esempio un accordo con le cooperative per il riconoscimento della funzione di responsabile di refettorio per le colleghe che svolgono una funzione di maggiore responsabilità all’interno della mensa scolastica. Si tratta di una figura non prevista nel contratto nazionale, che ha portato un piccolo beneficio economico, a 400 lavoratrici, di 16,50 euro al mese: in un momento in cui le aziende tendono a tagliare, saranno costrette a sborsare alle lavoratrici 96mila euro entro giugno di quest’anno.
Per la prima volta siamo inoltre riusciti ad ottenere dall’ente bilaterale un buono scuola per i figli delle nostre lavoratrici. Si è passati da un’erogazione di 65mila euro, lo scorso anno, ai 267mila euro di quest’anno. Il rispetto di tali impegni ha portato molte colleghe ad avere più fiducia nel nostro sindacato, oltre che più soldi per sostenere gli studi dei loro figli.
Siamo consapevoli di dover fare ancora tanto per raggiungere i nostri obbiettivi, ma abbiamo uno scopo comune, che solo unite raggiungeremo.


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