Appalti pubblici: come recepire al meglio le direttive europee - di Sergio Tarchi

Erano presenti Susanna Camusso, Franco Martini e i segretari delle categorie coinvolte 

Il 2 ottobre si è svolto a Roma un importante seminario sul recepimento delle direttive europee in tema di appalti pubblici: presenti importanti personalità quali il Presidente di ANAC Raffaele Cantone, Ermete Realacci in qualità di Presidente della VIII Commissione della Camera dei Deputati, Paolo Buzzetti, Presidente ANCE, e Lorenzo Mattioli, Presidente FISE ANIP, oltre al Segretario nazionale CGIL Franco Martini, che ha introdotto i lavori, e alla Segretaria Generale Susanna Camusso.
Il nostro Paese dovrà, in tempi brevi, recepire le norme europee e ciò lo dobbiamo salutare con grande soddisfazione perché consentirà di mettere ordine in un comparto in forte espansione che è stato oggetto, nel tempo, di accavallamenti normativi, ingorghi giuridici, situazione di dumping, assenza di regole certe e via di seguito. La speranza è che il nostro Paese recepisca le norme in maniera molto laica senza che queste vengano manipolate dagli interessi in campo.
Andando per ordine. Le circa attuali 35 mila stazioni appaltanti devono essere ridotte a trenta/quaranta e ciò consentirà una maggiore uniformità negli affidamenti ed uno snellimento delle formalità burocratiche e già registriamo i primi scogli da parte delle amministrazioni locali le quali, vedendosi tolto un po’ di potere, accampano difficoltà in merito alla gestione dei contratti.
La parte più interessante delle norme europee riguarda l’aspetto sociale degli appalti, ossia la valutazione dell’offerta dal punto di vista qualitativo, le certezze occupazionali e salariali attraverso l’inserimento nei capitolati delle clausole sociali e dei CCNL da applicare.
Il 21 luglio FISE ha presentato un disegno di legge che recepisce a pieno queste indicazioni ed è in fase di stesura un testo per una legge popolare sugli appalti a cura della CGIL. Questo consentirà di far cadere la cattiva interpretazione del Consiglio di Stato in merito alla libera concorrenza, che tanti compagni impegnati nelle trattative per la contrattazione d’anticipo ha tratto in inganno producendo effetti devastanti sulle condizioni dei lavoratori.
Io penso però che non sia sufficiente l’indicazione del CCNL da applicare, anche se questo rappresenterebbe un bel passo avanti, ma occorre indicare che questo sia almeno uguale a quello applicato dall’azienda uscente.
Importanti sono anche le disposizioni che prevedono il pagamento diretto dei subappaltatori da parte della stazione appaltante anche se, personalmente, ritengo un abominio il subappalto di servizi per la medesima mansione dell’appaltatore e questa pratica dovrebbe essere limitata a mansioni differenti.
La qualificante presenza del Presidente Cantone ha naturalmente portato la discussione sul tema della legalità quindi delle infiltrazioni malavitose e della corruzione che ruotano attorno al sistema degli appalti e mi sono rimaste impresse le sue parole: “Io non credo che negli appalti esista un sistema per eliminare la corruzione”.
A proposito di illegalità ritengo che la discussione non sia stata sviscerata nella sua interezza perché legalità è rispetto delle norme e l’assenza nel dibattito di una riflessione sulle troppe somministrazioni fraudolente camuffate da appalti, e su come risolvere questa violazione, è un vuoto che la CGIL ha l’obbligo di riempire: tale violazione di norme serve infatti a tutte le parti tranne che ai lavoratori.
Un tema del quale non si è discusso, ma che è presente nelle direttive europee, è lo smantellamento dei lotti per favorire l’accesso alle PMI e personalmente, vista la loro dimensione, la riattivazione del CCNL del pulimento artigiano mi interroga e mi preoccupa per il dumping che potrebbe produrre.
Altra riflessione che come CGIL dobbiamo fare è relativa agli effetti della spending review. La revisione della spesa rischia di non far recepire la norma europea sulla valutazione qualitativa dell’offerta, e quindi sull’aggiudicazione in merito all’offerta economicamente più vantaggiosa, lasciando i lavoratori nel dramma del massimo ribasso.
Io credo che noi sulla spending review abbiamo la possibilità di lanciare una sfida alla politica iniziando a valutare l’attualità di questa forma di esternalizzazione in termini economici, anche alla luce di diversi interpelli posti da alcune amministrazioni locali alla Corte dei Conti sulla possibilità di reinternalizzare i servizi con gli addetti operanti poiché gli amministratori si sono resi conto che questo consentirebbe loro di risparmiare un bel po’ di risorse pubbliche.
La vera sfida sta qui perché solo attraverso la reinternalizzazione dei servizi con gli addetti operanti si possono salvare i posti di lavoro ed i livelli salariali per evitare che questi vengano erosi con la progressione della spending review programmata per gli anni a venire e le risorse liberate dalla reinternalizzazione sarebbero sicuramente più alte di quelle ottenute dai tagli lineari.
A questo proposito riflettiamo sulla rivalutazione ISTAT prevista annualmente per gli appaltatori che nel caso di appalto di servizi rappresenta solo un aumento degli utili.
La reinternalizzazione dei servizi con gli addetti operanti terrebbe insieme molti interessi quali il risparmio di pubbliche risorse, il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, la riaggregazione dei cicli produttivi e, non ultima, la fine della violazione delle norme in merito alla genuinità degli appalti.
Nella conclusioni la Segretaria Generale ha richiamato tutti ad una pratica più confederale perché è la natura stessa degli appalti ad essere confederale.
E’ evidente che la confederalità tra strutture è auspicabile e utile a livello nazionale ma a livello di sito produttivo questa non può che essere agita dai rappresentanti dei lavoratori che operano nel sito stesso è ciò può produrre la contrattazione d’anticipo, la riaggregazione “politica” della filiera e la possibilità per i lavoratori in appalto di essere rappresentati al tavolo laddove si determinano davvero le loro condizioni. Se si pensa che questa pratica debba essere prodotta dalle strutture sindacali si corre il rischio di cadere in un tragico errore e non produrre i risultati necessari. Le strutture invece hanno il compito di formare adeguatamente i delegati e di metterli in connessione tra loro dando gambe ad una pratica che, aumentando il protagonismo dei rappresentanti sindacali, rafforzerà il ruolo della CGIL.
Per concludere, siamo nella fase di una nuova legislazione per gli appalti, di una loro riforma anche se io penso che la miglior riforma degli appalti sarebbe la loro cancellazione ed il reinserimento nei cicli produttivi di tutte quelle lavoratrici e di tutti quei lavoratori espulsi in nome del profitto.
Solo allora potremmo dire, a ragione, che non esistono più lavoratori di serie A e di serie B.


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