Appalti, committenza, dumping contrattuale e contratti pirata - di Antonio Baldo

Il settore della vigilanza privata e dei servizi fiduciari conta oltre 50mila gpg (guardie giurate) e 80mila operatori dei servizi fiduciari, receptionist e altre figure professionali. Attualmente si trova al centro di una complessa trattativa per rinnovo del CCNL - il precedente fu siglato dopo ben 49 mesi di difficile trattativa in presenza di una controparte padronale fortemente divisa al suo interno a causa degli interessi contrapposti tra le aziende e in presenza di divisioni di carattere tattico e strategico tra le tre federazioni sindacali di categoria.

Nella convinzione e nella consapevolezza della centralità del CCNL quale strumento universale di regolazione e di solidarietà, l’obbiettivo della Filcams-CGIL resta quello di fare un rinnovo che vada verso l’unificazione della categoria sia sotto l’aspetto normativo che economico, per favorire la realizzazione di un un’unica filiera della sicurezza per i 50mila lavoratori gpg e gli 80mila addetti dei servizi fiduciari.

Il settore attraversa una profonda crisi strutturale nella quale emergono le responsabilità della committenza pubblica e privata sulla questione degli appalti. I committenti hanno determinato negli ultimi anni una forte riduzione delle tariffe per ottenere una sensibile riduzione dei costi, richiedendo al contempo una maggiore professionalità degli operatori della vigilanza classica e anche dei servizi di receptionist, vista la necessità di sopperire ai tagli strutturali agli apparati di sicurezza pubblica. La richiesta di riduzione dei costi da parte dei committenti è stata supinamente accettata dalle aziende e dalle associazioni di settore, che non hanno né saputo né voluto contrastarle, pensando bene di scaricare il peso economico di tale scelta sulle spalle dei lavoratori, riducendo sostanzialmente il costo del lavoro, attraverso la mancata contribuzione e il non rispetto di elementi economici e contrattuali.

E’ un settore nel quale si verificano sempre più comportamenti e pratiche illegali, vengono violate le regole, a fronte di mancate contribuzioni previdenziali e contributive da parte di alcune aziende. Sono comportamenti favoriti in primo luogo dell’assenza quasi assoluta delle istituzioni e degli organi istituzionali preposti al controllo a livello territoriale (questure, prefetture) e a livello nazionale (il Ministero dell’Interno).

Le conseguenze di tale mancanza di controlli e di legalità si fanno sentire sulla carne viva di decine di migliaia di lavoratori e sono la causa del costante arretramento delle loro condizioni materiali di vita e di lavoro.

La questione dei “contratti pirata”, sottoscritti da sigle sindacali autonome - “sindacati” gialli per altro privi di rappresentatività reale - con alcune aziende del settore, ha coinvolto anche la nostra categoria, attraverso un attacco senza precedenti ai livelli economici e normativi: la quota media di salario che viene perso nelle buste paga dei lavoratori e che finiscono nelle casse delle aziende che sottoscrivono tali contratti si aggira intorno al 40%; per tacere delle mani libere che si riconoscono ai padroni sull’organizzazione del lavoro. Tale attacco è partito da alcune aziende del Mezzogiorno e si va estendendo a macchia di leopardo da Sud a Nord. La preoccupazione riguarda tutti i settori in appalto, perché i contratti pirata non vengono contrastati da parte delle istituzioni competenti che dovrebbero vigilare.

Una delle principali concause della situazione di deregulation del settore si realizza nei cambi di appalto nelle quali centinaia di lavoratori subiscono il più delle volte un vero e proprio salasso dei diritti a causa della normativa sui cambi d’appalto inserita nel jobs act, (art 7 della Legge183/2014), che equipara l’assunzione del lavoratore subentrante in un appalto ad un nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Nei cambi appalto inoltre si determina spesso il mancato riconoscimento dei livelli contrattuali e orari precedenti, facendo in questo modo carta straccia di quanto previsto dalla contrattazione collettiva nazionale.

Il 19 marzo 2015 Filcams-CGIL, Fisascat-CISL e Uiltucs-UIL Roma-Lazio hanno firmato un documento unitario raccomandando alle strutture territoriali di battersi per inserire clausole in accordi ad hoc, per riuscire ad evitare questa “strage di diritti”. Solo in pochissime procedure di cambio appalto espletate si sono ottenuti risultati positivi con il mantenimento dei diritti maturati. Ci tocca dunque constatare la quasi totale indisponibilità delle aziende a fianco all’indifferenza da parte delle Istituzioni.

Perciò resta centrale la richiesta del riconoscimento della “clausola sociale” quale punto irrinunciabile del prossimo rinnovo contrattuale.


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