I tagli li pagano i lavoratori delle pulizie - di Marco Prina

Gli appalti delle pulizie sono dunque stati tagliati, in Piemonte come in tutta Italia, in nome della “parità di bilancio”. Questi tagli non sono stati accompagnati da nessun processo di riorganizzazione o di innovazione del lavoro. Del resto, non era questo lo scopo. Sarebbe stato troppo chiedere una politica sanitaria che mettesse al primo posto il contenimento dei costi dovuti alle malattie e alla mancanza di prevenzione sanitaria rispetto ad una popolazione che invecchia e che richiede maggiore cura e attenzione. Il risultato è che la Dussman ha scaricato interamente il costo della propria offerta nella gara di appalto sui lavoratori con conseguenze gravi per l’igiene pubblica, la salute e la sicurezza degli assistiti e degli stessi lavoratori del pulimento.

I costi sociali dell’operazione 33% (il taglio della commessa), sono drammatici. Abbiamo una pesante perdita di reddito che interessa 680 lavoratori di una età media di 40 anni, un aumento della massa di incapienti (ovvero di nuovi poveri con meno 8 mila euro di reddito annuo) che non prenderanno più il bonus Renzi; oltre la metà di loro perderanno una parte di assegni familiari a causa della riduzione delle ore al di sotto delle 24 ore settimanali. Sarà dunque una massa consistente di lavoratori poveri che dovranno garantire pulizie migliorative e di qualità nei nostri ospedali in condizioni di lavoro e di vita di gran lunga peggiorate.

Molti di loro dovranno ricorrere all’assistenza sociale, perderanno la casa, rinunceranno a cure mediche importanti non potendo permettersi le spese, non potranno più garantire gli studi ai figli, altri si metteranno nelle mani degli usurai.

Avremo alla fine dei lavoratori malati che forniranno la pulizia ad altri malati.

Secondo una folle logica da istituzione penitenziaria o concentrazionaria. Perché se il luogo di lavoro somiglia sempre più ad una caserma è altrettanto vero che la società, come ben sanno i sociologhi e gli psicologi sociali, tende sempre più a governare le proprie contraddizioni economiche e sociali in una logica repressiva che occulta e “isola” il disagio per non riconoscerlo.

Naturalmente a fronte delle logiche proteste di lavoratori e organizzazioni sindacali i vari dirigenti dell’ex-Asl To 1 e di Città della Salute, come dell’Assessorato Sanitario Regionale, nonché la stessa responsabile unica dell’appalto non hanno fatto che ripetere che la legge e le procedure sono state rispettate, dunque loro non possono incidere sulle scelte delle imprese nell’organizzazione del servizio. In questa maniera si ripete il meccanismo solito di deresponsabilizzazione su quello che avviene nello stesso luogo, per quanto riguarda la fornitura di un lavoro da parte di lavoratori che non sono dipendenti dell’amministrazione pubblica, ma lavorano per questa. Un meccanismo cinico che rende invisibili questi lavoratori anche agli occhi dei loro colleghi pubblici, se non quando scioperano.

Su questo occorrerebbe sviluppare una riflessione. La divisione sul piano rivendicativo tra lavoratori strutturati e degli appalti, rende i primi ciechi di fronte a quel che avviene materialmente nei luoghi di lavoro e non permette una contrattazione capace di incidere sulle condizioni di lavoro e sottrae ai lavoratori nel loro insieme la capacità di farsi strumenti per la difesa – insieme a se stessi e delle proprie condizioni di lavoro – di un sistema sanitario pubblico efficace al servizio della popolazione come elemento costitutivo dello stato sociale.

La CGIL ha intuito questa necessità e ha “pensato” alla contrattazione di sito e di filiera e alla gestione solidale delle vertenze tra le categorie. Ma per ora questa intuizione, come ben sanno i lavoratori del pulimento, resta lettera morta…

Solo con la lotta continua, le fermate improvvise, le assemblee di un ora tutti i giorni, i cortei per le vie del centro cittadino, i blocchi stradali, i presidi permanenti, un nuovo dirompente protagonismo, le operaie delle pulizie delle Molinette e degli ospedali torinesi hano invertito la tendenza. Si sono aperte un varco nei media, rivendicando il diritto ad esistere come donne lavoratrici, inchiodando i committenti e la Regione Piemonte alle loro responsabilità.

La Dussmann dopo varie ritorsioni e ricatti pesanti come le contestazioni e trasferimenti (deportazioni) di massa, è stata costretta a cedere, dall'azione di lotta e dalla mediazione (obbligata) istituzionale, venendo a trattare seriamente con le organizzazioni sindacali. Il taglio del 33% si è ridotto al 11% con due mesi di lotta dura. Le condizioni del nuovo accordo non sono facili per nessuno, soprattutto per l'azienda. Ma rappresenta una sfida, una nuova pagina nelle relazioni sindacali su quegli appalti.

Ma il danno sociale è già partito, quello sanitario sarà tutto da valutare nel tempo, la grave ferita procurata sarà difficile da saturare e recuperare.


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