"PrestO": l'imbroglio dei "nuovi" voucher - di Dafne Conforti

Ci siamo. Dal 10 luglio tornano i Voucher. C’è anche la circolare INPS. E’ la n. 107 del 5 luglio. Il referendum su Abolizione dei voucher, per il quale aveva firmato più di un milione di persone, non si è svolto. A marzo il governo Gentiloni ha abolito i voucher, “per non dividere il paese”, ha detto. Cioè, per evitare un altro 4 dicembre. A quel punto il Governo avrebbe potuto e dovuto confrontarsi con chi quei Referendum li aveva promossi. Ha scelto invece un’altra strada.
Pochissimi giorni dopo il 28 maggio, la Commissione bilancio della Camera

ripesca i voucher con un provvedimento presentato dal PD e approvato grazie al voto anche di Forza Italia e Lega Nord. Renzi, Berlusconi e Salvini insieme contro i diritti dei lavoratori. Impossibile modificarlo perché passato all’interno della “manovrina” approvata dal Senato (quello che volevano abolire) con voto di fiducia. I fuoriusciti dal PD hanno scelto di abbandonare l’aula, facendo abbassare il quorum per l’approvazione. Forse c’è anche un problema di incostituzionalità, ma sta di fatto che i voucher sono tornati. Ora si chiamano “Contratto di prestazione occasionale” (“Cpo” o “PrestO, per Boeri) e “Libretto Famiglia” o anche “LF” a seconda se il lavoro occasionale è a vantaggio delle imprese con meno di 5 dipendenti (una miriade) o di persona fisica. Per il computo della forza aziendale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, si prende il semestre che va dall’ottavo al terzo mese prima della data dello svolgimento della prestazione lavorativa occasionale (es: PrestO: 20 agosto 2017. Periodo di riferimento dicembre 2016-maggio 2017). E’ la consistenza dell’impresa la novità più sostanziale. Sulla carta, perché nella realtà è proprio quel mondo di piccole imprese che ha fatto esplodere i “vecchi” voucher. Nel “vuoto” creato dall’abolizione dei voucher aveva “(ri)scoperto” i contratti di lavoro, anche se precari, che però hanno un “difetto”: costano ai padroni, al contrario dei voucher. Perché con i contratti, anche se precari, i lavoratori diventano soggetti titolari di diritti: ai contributi, alla malattia, alla liquidazione. I “nuovi” voucher sono contratti non contratti. Potranno farne uso professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori, imprese del settore agricolo nonché, ebbene sì, quella PA dove i lavoratori che vanno in pensione non vengono sostituiti. E’ un imbroglio dire “per esigenze temporanee e eccezionali” tra cui lo “svolgimento di lavori di emergenza correlati a calamità o eventi naturali improvvisi”! Non ne possono farne uso Imprese nell’edilizia e affini e nell’esecuzione di appalti. Il compenso minimo non può essere inferiore a € 9,00 per ogni ora di prestazione lavorativa e l’importo giornaliero non può essere inferiore a € 36,00, pari a 4 ore lavorative anche qualora la prestazione giornaliera dovesse essere inferiore a quattro ore (!). Da aggiungere €2,90 per contributi INPS e € 0,32 per INAIL. Non è cambiato nulla: i contributi sono sempre nella Gestione Separata dove, si sa, le settimane accreditate dipendono dai contributi versati e non dai mesi lavorati. Il tetto massimo scende a € 5000 all’anno con un ulteriore limite di € 2500 all’anno per le prestazioni rese al singolo datore di lavoro. I “prestatori” possono essere pensionati, giovani sotto i 25 anni se studenti, disoccupati, titolari di prestazioni integrative del salario. Anche la durata è limitata: 280 ore all’anno. Superati tali limiti, il rapporto di lavoro viene trasformato in subordinato a tempo pieno e indeterminato. E’ la “sanzione” più pesante e diciamo “dovrebbe” conoscendo l’evoluzione dei “vecchi” voucher.

Nel settore agricolo (quello per cui erano nati i voucher, per la vendemmia), possono essere diversi sia la durata che il compenso, dipendendo dal contratto collettivo stipulato con le associazioni sindacali di categoria. Non è possibile fare ricorso al Cpo se il lavoratore è già dipendente o se lo è stato nei sei mesi precedenti la prevista prestazione. Addio tabaccaio e riscossione quasi immediata: pagherà l’INPS entro il 15 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione o con accredito su conto corrente bancario/postale o su libretto postale o su carta di credito. Occhio a fornire i dati corretti: l’INPS non ne risponde. In assenza di IBAN il pagamento avviene tramite bonifico che ovviamente ha un costo (€ 2,60).

Per accedere a Cpo o LF si utilizza l’apposita piattaforma telematica dell’INPS (www.inps.it/Prestazioni Occasionali). Per il Cpo I dati vanno comunicati almeno 60’ prima dell’inizio della prestazione Se questa non dovesse essere resa, la dichiarazione può essere revocata purché entro le ore 24.00 del terzo giorno successivo a quello originariamente previsto per lo svolgimento della prestazione, salvo intervento del lavoratore ( e qui libero sfogo alla fantasia sui possibili scenari). Invece il LF può essere utilizzato solo da persone fisiche per lavori domestici, assistenza domiciliare a bambini e persone anziane con disabilità, per le lezioni private. In questo caso il valore nominale è fissato a 10€ per prestazioni di durata non superiore a un’ora, di cui €1,65 per INPS (sempre gestione separata), € 0,25 per INAIL e 0,10 per oneri di gestione. In questo caso i dati relativi alla prestazione vanno comunicati al termine della prestazione lavorativa e comunque non oltre il terzo giorno del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione stessa!!

E’ un imbroglio. Non si chiamano voucher ma sempre schifezza sono e il Governo di certo non sconfigge così né precariato né lavoro nero. Anzi.

 

 


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