"Vuoi lavorare al Sud? Riduci salario e diritti" - di Frida Nacinovich

La versione Coop della contrattazione nel Mezzogiorno

 

[Una versione più breve dell’articolo e dell’intervista alla compagna Giusi Ungaro è stata pubblicata con il titolo: Alleanza 3 diritti 0, sul n. 15 del 2017 di “sinistra sindacale”]

Nella galassia Coop, è diventata la stella più splendente. L’hanno battezzata Alleanza 3.0, non tanto per questioni tecnologiche, quanto per ragioni di marketing. Un nome smart, molto cool, per la fusione di tre storiche realtà della grande distribuzione organizzata: Coop Adriatica, Coop Estense, Coop Consumatori Nord-est. Il fiocco azzurro alla porta dei punti vendita è stato messo il primo gennaio 2016. Un ulteriore passo sarà fatto quando nel 2018 anche Coop Sicilia entrerà nell’Alleanza.

Ma non è tutto oro quel che luccica. Giuseppina Ungaro, addetta dell’Iper di Brindisi racconta di aver saputo per caso, nel 2015, un fulmine a ciel sereno, che erano stati dichiarati 147 esuberi in Puglia. “L’amministratore delegato di Coop estense, Zucchelli, aveva convocato una conferenza stampa per annunciare i tagli. Senza aver convocato i sindacati, senza aver aperto un tavolo di confronto, senza preoccuparsi delle conseguenze di una simile decisione”.

Coop Alleanza 3.0 è attualmente la prima Coop italiana per numero di punti vendita, 348 negozi, di cui 56 ipermercati. Un gigante. Alla vigilia della fusione i soci delle tre grandi cooperative di consumo erano circa 2.780.000, clienti abituali, tanto per capire quale possa essere il giro di affari di Alleanza 3.0. Gli addetti ammontavano a un totale di 22.000 persone impegnate a lavorare in 427 negozi. Dopo la fusione Alleanza 3.0 acquista anche tutta una serie di punti vendita centro-meridionali di Coop tirreno. E ancora, a febbraio sigla un accordo con il Gruppo AZ per l’apertura di 34 negozi in franchising con il marchio Coop Master in Calabria. Infine, nel maggio scorso, viene programmata l’apertura di negozi a marchio Coop specializzati per animali dove sarà offerto anche un servizio di toilettatura. Di fronte a un autentico colosso in fase di ulteriore espansione, è facile capire come l’obbiettivo di avere corrette relazioni sindacali sia paragonabile al duello fra Davide e Golia. Ma Giusi Ungaro con i delegati CGIL non sono tra quelli che si arrendono facilmente. “Dal giorno dell’annuncio degli esuberi abbiamo protestato, chiesto spiegazioni, imposto una trattativa per salvare i posti di lavoro a rischio dei nostri compagni e delle nostre compagne. Alla fine – luglio 2015 - non è stato licenziato nessuno. Ma salvare gli impieghi è stato tutt’altro che indolore. L’azienda ci ha chiesto in cambio una turnazione più faticosa, lavoro festivo pagato come quello feriale, la sospensione di altri istituti del CIA come riduzione d’orario attraverso le 24 ore di rol, mensa e indennità speciali di funzione, mobilità volontaria con incentivo all’esodo (scaduta a giugno 2017) ; tutto ciò ha contribuito a un dumping salariale all’interno di Alleanza 3.0: i lavoratori dei punti vendita del Sud hanno condizioni economiche e contrattuali peggiori dei loro colleghi del Nord. Non è giusto”. Il ‘do ut des’ dovrebbe essere a termine, fino al giugno 2018. E se a pensare male si fa peccato ma spesso si indovina, fra i delegati sindacali di Alleanza 3.0 si è fatta strada l’idea che il management aziendale cercherà in ogni modo di mantenere il dumping salariale e il peggioramento delle condizioni di lavoro. “Combattiamo da una vita le gabbie salariali, ma puntualmente spuntano sempre fuori”. In questi giorni i dipendenti di Coop Sicilia, che nel 2018 entrerà in Alleanza 3.0, hanno dovuto digerire un accordo analogo per scongiurare 273 esuberi e la chiusura di diversi punti vendita con flessibilità nei turni, riorganizzazione degli orari di lavoro, incentivi all’esodo e possibilità di transitare in altri punti vendita.

Ungaro lavora con un contratto a tempo indeterminato, con un part-time modulare. “Nella pratica sono 1042 ore annuali, che l’azienda suddivide a seconda delle sue esigenze”. Traduzione: agosto e festività si passano a lavorare nei punti vendita. “In cassa può capitare di avere turni spezzati - sottolinea Ungaro - con due ore di buco, che non ti permettono neppure di tornare a casa. Altro che tempo parziale, alle volte sembra di avere un doppio full time”. L’Ipercoop di Brindisi dove lavora come cassiera è aperto tutti i giorni, dalle 9 alle 21, che diventano 21,30 in estate. Non c’è un giorno di chiusura. “Eppure non ha senso lavorare di domenica - osserva - le liberalizzazioni sono sbagliate, vengono svilite le festività, si svuotano i centri storici modificando di fatto le abitudini degli italiani, non creano nuova occupazione, il gioco non vale la candela neppure per l’azienda. Però il management fa leva sul nostro bisogno di lavorare, che ci costringe anche ad accettare l’inaccettabile”.

Nell’Ipercoop dove lavora Giusi ci sono circa ottanta addetti, con un’età media che oscilla fra i 40 e i 45 anni. “Io sono nella grande distribuzione da undici anni, prima Carrefour ora Coop. Mi arrabbio con le mie colleghe quando dicono che una sigla sindacale vale l’altra. La Cgil è stato l’unico sindacato che si è battuto contro la manomissione della Costituzione, contro i voucher e anche contro il job act”. Certo, non è facile fare sindacato nell’Italia di oggi, dopo dieci anni di crisi, e con una ripresa ben più sulla carta che nella vita quotidiana. “Così finisce che il sindacalista viene visto come il solito rompiscatole che mette dei paletti alla produzione e che quindi va isolato. Ma andiamo avanti, sempre e comunque a testa alta in nome dei diritti ed il rispetto della vita dei lavoratori.”

E poi ancora: “ci sarebbe da evidenziare il fatto che il CCNL scaduto nel dicembre 2013, è ancora oggetto di trattativa per il rinnovo tra OO. SS. e le aziende datoriali. Ma la trattativa è ferma sul tema “malattia”, ossia Coop vorrebbe togliere dalla retribuzione i primi tre giorni di malattia per limitare il fenomeno dell’assenteismo, per risparmiare. Sarebbe interessante innanzitutto sapere la percentuale di assenteismo, se è diminuita o aumentata in concomitanza del peggioramento delle condizioni di vita e lavorative dei lavoratori. Poi forse, per contenere i costi del lavoro aziendali e non gravare ulteriormente su vita e aspetto economico dei lavoratori, si potrebbe pensare a “qualche chiusura domenicale”. In questo modo l’azienda risparmia e darebbe un po’ di respiro ai lavoratori, ottimizzando anche le prestazioni lavorative dei suoi dipendenti nei giorni precedenti alle chiusure domenicali. Questo il mio auspicio.”


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