Rosatellum: 'Ottimo' disse il re.... - di Frida Nacinovich

‘Ottimo!’ disse il conte. E vomitò. Il detto popolare toscano (come tre milioni e settecentomila ‘indigeni’, tra cui il leader del Pd) fotografa lo spirito costituente con cui gli onorevoli senatori e gli onorevoli deputati hanno permesso al cosiddetto rosatellum (la maiuscola non se la merita) di diventare la nuova legge elettorale. Un pastrocchio, l’ennesimo. Perfino l’elegante senatore Napolitano, re Giorgio, deus ex machina degli ultimi dieci anni di vita politica italiana, si è sentito in dovere di prendere le distanze. Poi però ha votato la fiducia al governo Gentiloni. Per ‘senso di responsabilità’. Ottimo disse il re, appunto.

Le leggi elettorali in Italia, da vent’anni a questa parte, arrivano così, a una manciata di mesi dalle elezioni. L’Europa ha provato a dire che non va bene, non è molto democratico disegnare il perimetro del campo di gioco a seconda delle convenienze del momento, tagliato su misura delle squadre più forti che scenderanno in campo. Allora tanto vale assegnare lo scudetto alla Juventus o al Milan, senza disputare il campionato. Tant’è. “Era in gioco la stabilità del paese. Così o salta l’Italia”, ha provato a difendersi Paolo Gentiloni. Ottimo disse il premier, appunto.

Il rosatellum, per dirla con le parole del costituzionalista Ainis, forse potrà essere formalmente promosso dalla Consulta. Ma è immorale. Perché è pasticciato; perché penalizza le forze politiche che non vogliono coalizzarsi, Cinque stelle in testa; perché le presunte coalizioni sono di carta velina, destinate a lacerarsi il giorno dopo le elezioni; perché incentiva le liste civetta; perché, soprattutto, toglie agli elettori e alle elettrici il diritto di scegliere i propri i rappresentanti. Eletti dal popolo? Macché. Il popolo non ha vinto, dovrà ritentare. Invece ha vinto Silvio Berlusconi - guarda caso - che farà finta di andare d’amore e d’accordo con Matteo Salvini, nonostante i mal di pancia dei popolari europei, che per altro annoverano fra le loro fila autorevoli statisti del calibro del magiaro Orban... Il ricco nord del paese val bene una messa. Che però, prima o poi, finisce. E non è detto (anzi è quasi sicuro il contrario) che l’ex Cavaliere e il degenere figlio del dio Po alla fine dei salmi andranno in pace.

Quanto al Pd, che rischia sconfitte sia al nord che in Sicilia, se ne è già fatto una ragione: prima cancello la sinistra - che pure non avrebbe bisogno di aiuti per distruggersi - e poi mi accordo con i moderati (Alfano, Lupi, Cicchitto), con i responsabili (Verdini, Calenda), con la parte migliore dell’apparato produttivo italiano (Confcommercio, Confindustria, padroncini di ogni risma), poi faccio scopa ‘convincendo’ Berlusconi a contribuire alla nuova stagione dell’Italia 4.0. Tutto va bene, madama la marchesa. E al rogo gli sfasciati, i gufi, i rosiconoi, i rompiscatole. Quelli che hanno tirato uno schiaffo al povero Piero Fassino a Torino e al povero Roberto Giachetti a Roma. Vade retro Grillo. Avrai anche il 25, il 30%. Ma con questa legge elettorale conti come il due di coppe quando briscola è bastoni. Così è, se vi pare. E se non vi pare è così lo stesso.

Facile comprendere perché i pentastellati siano molto arrabbiati. Facile capire anche la disillusione del popolo di sinistra: si doveva aprire una nuova stagione fatta di contenuti, proposte chiare, saldi principi e stelle polari - Sanders, Corbyn, Igelesias, Melenchon - e ci si ritrova con D’Alema e Bersani. Che sono usciti dalla maggioranza di governo dopo i voti di fiducia sulla legge elettorale. Non prima. Matteo Renzi ha riso di gusto, buttando sul tavolo verde di gioco la carta Verdini (un gesto cromaticamente appropriato). “Non è nata una nuova maggioranza. Sulla riforma si vota con chi ci sta”. Pd, Forza Italia, Ap e Lega, a cui si sono aggiunti i voti favorevoli dei verdiniani - che a palazzo Madama sono determinanti per assicurare il numero legale - e di altre forze minori come i fittiani e l’Udc. Le risate partite da Rignano sull’Arno si odono distintamente anche a Roma. Sembra di essere tornati alle elezioni comunali fiorentine del 2009, quando l’ineffabile Denis impose un ex calciatore (Giovanni Galli) come avversario del giovin Matteo dei miracoli. Mentre Massimo D’Alema, alle primarie del Pd, aveva portato gli avversari interni di Renzi in un campo di Agramante. Tutti dicono che da quel giorno il leader Massimo ci abbia ripensato. Che abbia fatto autocritica.

Addirittura. Dopo otto voti di fiducia, tra Camera e Senato, il rosatellum incassa il via libera definitivo dell’aula di Palazzo Madama e diventa legge dello Stato, a primavera si vota, ne vedremo delle belle. Meglio, ne vedremo delle brutte, tra giri di valzer e nuove ferite alla democrazia rappresentativa. Porcellum, italicum, rosatellum: sono leggi così brutte che meritano il latino maccheronico.


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