Venezuela, una rivoluzione partecipativa e progressista - di Pericle Frosetti

Il nuovo libro di Geraldina Colotti

il 20 maggio 2018 in Venezuela si vota. Si vota per eleggere il Presidente della Repubblica e si vota anche per eleggere i Consejos Municipales y Consejos Legislativos estadales. Il Venezuela è una repubblica presidenziale e federale. Il presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto, mentre i Consigli sono eletti su base proporzionale. Alle elezioni presidenziali, boicottate dal cartello delle opposizioni spalleggiate dagli Stati Uniti e dall’Unione europea (la MUD, la sedicente tavola della unità democratica), partecipano 4 candidati, espressione del Grande polo patriottico (l’alleanza di partiti e movimenti di sinistra che candida il Presidente uscente, Maduro) e di altre forze che si presentano in dissenso con la MUD o che esprimono posizioni dissenso di sinistra verso il chavismo.
Geraldina Colotti ha pubblicato a febbraio di quest’anno il suo secondo libro sul Venezuela, Dopo Chávez: come nascono le bandiere (Milano, Jaca Book, 2018, euro 22,00).

Il libro è un contributo militante alla comprensione di una vicenda rivoluzionaria che applica le teorie rivoluzionarie e pacifiche del socialismo del XXI secolo, nato con i social forum di Porto Alegre, fecondato dall’incontro tra l’esperienza politica e sindacale dei movimenti nell’America Latina, la teoria della liberazione del cristianesimo di base cattolico, l’indigenismo, ma anche la cultura comunista riletta in chiave rivoluzionaria, ma “rompendo” (rompendo non è il termine esatto meglio sarebbe dire superando e integrando) tanto con il fochismo guerrigliero che con l’ortodossia marxista-leninista. Una sperimentazione politica e sociale che vive una condizione di guerra non dichiarata, accerchiato politicamente e minacciato dagli Stati uniti, con la collaborazione complice e subalterna della Unione europea, una rivoluzione vittima designata di manovre economiche speculative e di una feroce lotta di classe condotta con ogni mezzo dalla oligarchia per la prima volta privata del controllo del Paese. Una oligarchia che costringe il Venezuela quasi in una condizione di guerra civile strisciante endemica nella quale il potere – questa volta popolare – evita in tutti i modi di ricorrere, tranne casi estremi, alla violenza e alla coercizione.

Maduro, un autista di autobus di linea che viene dalla militanza politica nella sinistra e dal sindacato, il 6 maggio in una intervista a “El Pais” ha sintetizzato così il carattere della sua rivoluzione: “La nostra democrazia è diversa dalle altre. Perché tutte le altre - in praticamente tutti i paesi del mondo - sono democrazie formate da e per le élite. Si tratta di democrazie dove è giusto solo ciò che conviene ai pochi. Sono democrazie classiste, dove i molti sono visti più come una quantità, invece che in termini di qualità. In Venezuela, no. In Venezuela, la democrazia è per i molti, ed è giusto ciò che risulta essere positivo per tutto il popolo. Così come i bisogni delle persone cambiano, si articolano e si rinnovano, il nostro progetto rivoluzionario cambia continuamente.”

Dopo Chávez è un libro in tre parti.
Nelle prime 174 pagine. Geraldina Colotti combatte con la necessità, lo sforzo informativo è quasi bulimico, di fornire al lettore italiano il massimo di informazioni, ma anche di “controinformazioni”, contro una vulgata dei media italiani, che presenta la rivoluzione bolivariana come una sorta di follia di un regime agonizzante assediato dal suo popolo. La Colotti fornisce centinaia di informazioni, ci fa conoscere decine di protagonisti di una rivoluzione che nasce e vive dal basso, ci accompagna nei quartieri, nelle aziende, nelle strade. Cerca di far comprendere a noi che viviamo chiusi nei nostri schemi tradizionali che cosa è un processo rivoluzionario che cerca di conciliare democrazia “borghese” e partecipazione popolare, che rinuncia alla forza come strumento esclusivo o prevalente di coercizione della controrivoluzione. E’ una parte che consiglio di leggere avendo accanto carta e penna per gli appunti. E’un libro che va studiato, sono pagine scritte per essere “digerite” e meditate.

La seconda parte, che si apre con un’intervista dell’autrice al Presidente Maduro, pubblicata su “il Manifesto” nel luglio 2016, da la parola ai protagonisti del processo rivoluzionario. Maduro, nel ricostruire la vicenda della rivoluzione chavista dice: “La destra ha scommesso che sarei caduto nel 2013, nel 2014, nel 2015… Invece siamo ancora qui.” (pag. 176). Commuovono le parole di Rocio Hurtado, giovane donna che poi sarebbe stata uccisa da sicari della opposizione: “Per costruire la pace, sono pronta a mettere la mia vita in gioco. Stiamo imparando a vivere lottando.” (pag. 193). Ricordo, tra le tante, le interviste a Oswaldo Vera e Jacobo Torres, sindacalisti impegnati nel tutelare i diritti dei lavoratori, a consolidarne le conquiste, ma anche a controllare e sostenere la produzione per emancipare il Venezuela dalla dipendenza del petrolio e consentire nel frattempo che quei profitti vadano al popolo e non alla oligarchia.

Infine la terza parte. Geraldina Colotti ha speso tante pagine e tante parole per testimoniare da giornalista militante la natura rivoluzionaria, democratica, partecipativa di una rivoluzione del popolo e per il popolo, contro le letture geopoliticiste di una opinione pubblica anche di sinistra in Occidente ormai incapace – con le sole eccezioni della sinistra latinoamericana e ispanica - di vedere il moto di un popolo che si affaccia alla storia per decidere del suo destino, alle domande di quella sinistra che non sa leggere il processo che pure appoggia, perché è fuori dagli schemi consolidati, sia comunisti che socialdemocratici. Adesso è il momento di proporre ai lettori una “sistematizzazione” del materiale, di porre a se stessa e agli altri le domande di un che fare contemporaneo che deve animare non solo la conoscenza critica e consapevole, ma anche essere di stimolo per chi anche in Italia non rinuncia all’idea di trasformare lo stato di cose esistente.
“Avrà fortuna il processo bolivariano in questa sua ostinazione a mantenersi nel quadro unbloody della democrazia ‘partecipativa e protagonista’? Sarà possibile farne la base di una effettiva transizione a nuovi rapporti sociali? (…) E’ il destino delle rivoluzioni quello di procedere tra difficoltà e stridori.” (pag. 219-220).
Un libro che consiglio e che potrà essere letto, anche per comprenderne l’esito, dopo le elezioni del 20 maggio. Ma se lo acquistate e cominciate a leggerlo prima è meglio.


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