Forza Italia Viva - di Frida Nacinovich

Non più Forza Italia ma forza Italia Viva. Libero da quelle che lui considerava pastoie - in realtà erano le pur minime regole di convivenza democratica che il Pd ha mantenuto - Matteo Renzi è partito in quarta, a caccia di un elettorato che lui definisce moderato, che in realtà è quello sedotto per decenni da Silvio Berlusconi, e ora abbandonato da un Cavaliere ridotto ormai a ruolo di comparsa tra la sorella d’Italia Giorgia Meloni e il capitano leghista Matteo Salvini.

La diaspora forzista è in corso ormai da qualche anno, vedi l’abbandono di Giovanni Toti, e i sommovimenti interni provocati dalla adesione del Cavaliere alle piazzate salvinian-meloniane. Tu quoque Mara... Anche la pupilla Carfagna, per niente convinta delle evoluzioni/involuzioni dell’ultimo Berlusconi, ha manifestato tutto il suo disappunto disertando le recenti adunate di un centrodestra diventato ormai destra tout court.

Un’altra ferita all’ormai vecchio, stanco Giulio Cesare di una Casa delle libertà che da tempo esiste solo nei libri di storia politica italiana. Di qui la voglia matta di Renzi di conquistare un elettorato incerto sul da farsi, ma certo di non condividere le scelte politiche dell’accoppiata Salvini - Meloni. Uno zoccoletto duro, che va dall’ex segretaria Ugl Renata Polverini, all’ex capogruppo forzista Renato Brunetta, tanto per fare due esempi di politici distanti dal nuovo Cavaliere in versione Alberto Da Giussano, spadone compreso.

È una strategia di lungo periodo quella di Renzi, che spera di raccogliere progressivamente i cosiddetti moderati italiani. Che per altro moderati non lo sono mai stati, anzi. E che quindi trovano nello spregiudicato ex ragazzo di Rignano sull’Arno la figura di riferimento perfetta nell’agone politico dei prossimi dieci anni. Liberisti di tutta Italia, uniamoci. Senza tirare troppo la corda, perché se il governo cade Italia Viva rischia di fare la fine di Futuro e Libertà, la creatura di Gianfranco Fini strangolata nella culla da un Cavaliere all’epoca ancora pimpante, e seduttivo. Anche nei confronti del Quirinale. Teorico alleato di un governo che ha voluto, ma di cui non sopporta né Cinque Stelle né Leu, e con un rapporto ambiguo con il Pd (perché gli ex, si sa, sempre ex restano), Renzi punzecchia ogni giorno che passa il quartier generale.

Fare il bullo gli riesce benissimo, e questo sta facendo. Tra una battutina contro Luigi Di Maio - e non è difficile trovarne sempre qualcuna nuova - una ‘critica costruttiva’ al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e una un po’ meno costruttiva al partito che ha abbandonato, Renzi vuole ritagliarsi un ruolo ben definito ma per farlo, ripetiamo, gli occorre tempo. E non è detto che il tempo ci sia, perché a furia di fare il tiro al piccione, cioè al governo, alla fine il piccione cade giù.

 


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