Francia: una mobilitazione che mette in discussione i tabù della Unione europea, per affermare i diritti dei lavoratori - di Jean-Pierre Page

[Jean-Pierre Page è responsabile de l’Union départementale CGT du Val de Marne, componente la commissione esecutiva confederale e responsabile dal 1991 al 2000 del Dipartimento internazionale della CGT francese. L’articolo è stato scritto appositamente per ‘Reds’]

I lavoratori che lottano dal 5 dicembre e quelli che li sostengono, vale a dire la stragrande maggioranza della nostra gente, capisce una cosa semplice: dovranno lavorare più a lungo e per pensioni ridotte. Questa osservazione che tutti possono fare è in contrasto con lo spirito stesso del nostro modello sociale, l’eredità di molte lotte sociali e politiche, il programma del Consiglio Nazionale della Resistenza e i passi in avanti progressivi della Liberazione, basati sulla solidarietà interprofessionale e intergenerazionale. In effetti, con la loro cosiddetta “riforma”, il governo, Macron e la commissione di Bruxelles difendono un’altra scelta della società, consegnando i miliardi dei nostri fondi pensione pubblici all’avidità delle compagnie assicurative e dei fondi pensione, in particolare degli Stati Uniti. Questa riforma, considerata da Macron come “la madre delle battaglie” è il pilastro principale della sua controrivoluzione liberale. Di conseguenza, oggi agire per il suo ritiro, significa combattere tutti insieme per valori e principi, vivere con dignità e fare la scelta di una società che non si baserà sull’arricchimento di alcune società finanziarie e oligarchi privilegiati che li guidano.

La sensazione di ingiustizia che ispira questa “riforma” non è indifferente alla determinazione e alla combattività che caratterizza questa lotta nella quale si ritrovano in una grande diversità molti giovani, compresi studenti e studentesse delle scuole superiori, ma anche, ad esempio, gli avvocati e il balletto dell’Opera di Parigi. Ciò che è molto positivo è che l’azione collettiva trova significato, aiuta a unificarsi sulla base di una forte convinzione: siamo tutti preoccupati, dobbiamo far ritirare questo progetto dannoso! Ciò costituisce una dimensione senza precedenti, che gira le spalle al corporativismo. Il settore privato si trova accanto al settore pubblico. Se viene segnalato principalmente il movimento di sciopero tra i lavoratori delle ferrovie, del RATP o nel settore energetico, o tra i lavoratori ospedalieri o gli insegnanti, molte altre imprese e aziende sono impegnate nello sciopero. Siamo entrati in una nuova era di confronto di classe e contraddizione tra Capitale e lavoro.

Il capitalismo è la causa di queste politiche! Questa consapevolezza può progredire molto rapidamente, se ovviamente su questo punto viene condotta un’importante battaglia delle idee e non solo un’analisi delle conseguenze. Il processo che è stato aperto da alcuni anni e, in particolare, per oltre un anno con la battaglia dei jilet gialli, ha creato condizioni più favorevoli. Resistere e ribellarsi rimangono quindi idee vive e attuali. Può consentire un declino delle della rassegnazione e del fatalismo. Ciò può consentire un progresso significativo nell’equilibrio di potere tra il capitale e il mondo del lavoro.

È inoltre opportuno sottolineare l’importanza del sostegno internazionale. La Francia non è certamente l’unico paese in cui la gente dice di no al neoliberismo, lo dimostra l’esempio dell’America Latina. Ma avere un importante paese capitalista che vede le persone mobilitate è pieno di significato: non c’è dubbio sul perché l’avversario abbia paura che diventi contagioso, questo spiega l’uso massiccio della repressione. Marx affermava che la Francia è il paese in cui le lotte di classe vengono condotte fino alla fine. È ovviamente una fonte di ispirazione per molti lavoratori in tutto il mondo. In questo contesto, la significativa mobilitazione internazionale della WFTU, contrasta nettamente con il posizionamento di organizzazioni come la CES che scopre lo sciopero l’unico giorno nel quale la CFDT vi partecipa, fornendo supporto esclusivo, ignorando deliberatamente le altre organizzazioni affiliate, CGT e FO, che sono alla testa della mobilitazione.

C’è un grande spirito combattivo che mette in discussione rudemente preconcetti e abitudini e mette tutti di fronte alle proprie responsabilità, sindacati inclusi. In molti casi i sindacati e i lavoratori si assumono la responsabilità e assumono decisioni di lotta indipendentemente da determinate direzioni federali o li rinnegano come abbiamo visto nei confronti del CFDT e dell’UNSA [una confederazione autonoma di sindacati della scuola, degli enti locali e della sanità, ndt]. Questa mobilitazione ha urgente bisogno di trovare uno sbocco politico. Questo è un grande handicap, che ostacola qualsiasi ricerca di alternative e prospettive. Molti anni fa, i datori di lavoro affermavano che la Francia non avrebbe potuto avere stessa politica in un paese con un’influenza comunista superiore al 20% e una CGT attivamente presente nelle aziende. L’accettazione, più o meno, dell’ordine neoliberista, o quello delle istituzioni europee considerate come un orizzonte insuperabile da molti sindacati e organizzazioni hanno contribuito ad alimentare le illusioni su un’Europa che si sarebbe voluta o avrebbe potuto essere sociale. È comunque incredibile che Thierry Breton, appena nominato nuovo commissario europeo, faccia appello al governo francese sull’attuazione assoluta di un sistema pensionistico a punti!

La CFDT è scesa in campo in conseguenza della determinazione del movimento di protesta. Le sue posizioni tese ad un “compromesso” sono ampiamente amplificate dai mass-media. La richiesta del CFDT di una tregua per le vacanze di fine anno, anche se fallita, fa parte dell’intensa propaganda mediatica volta a screditare lo sciopero. La decisione della CFDT a favore del 17 dicembre aveva obiettivi radicalmente diversi dal ritiro definitivo della riforma.

Il governo punta a piccole concessioni che verrebbbero incontro alle richieste della CFDT. In questo modo Macron dimostrerà la sua capacità di ascolto e cercherà di mettere al riparo l’intera politica pensionistica europea [quella in nome della quale in Italia ci si rifiuta di abrogare la Fornero !, ndt] da questa ondata di mobilitazione, per isolare la frazione più combattiva degli operai in lotta e i settori della CGT che difendono le posizioni di classe.

È giunto il momento di trarre le conclusioni da tutti questi compromessi che minano la credibilità del sindacalismo e dell’azione collettiva.


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