Riflessioni di un delegato tra gli scaffali di un supermercato nell’Italia del coronavirus - di Luigi Celentano

Mi chiamo Luigi, ho 39 anni, sono un delegato Filcams-Cgil e sono padre. L’essere padre condiziona ogni aspetto della mia vita, proiettandomi sempre di più verso il futuro.

Come sarà il mondo del lavoro dei nostri figli? Riusciremo a trasmettere loro l’importanza che, nell’esperienza lavorativa e sindacale, hanno il senso di unità e il dialogo?

Saremo capaci di non proiettare su di loro le nostre paure e la nostra diffidenza?

Per riuscire in questa difficile impresa dobbiamo, sin da oggi, capire e ricordare che spesso si è diffidenti tra colleghi per cose “futili” o, spesso, per “strategie aziendali” che ci vogliono divisi e vulnerabili.

Le aziende giocano le loro carte frazionando il lavoro in tanti piccoli contratti o, peggio ancora, appalti di dubbia serietà; facendo ciò rendono difficile per noi, in Filcams-Cgil, raggiungere tutti i lavoratori in egual misura e, a sua volta, ciò determina un sentimento di sfiducia verso le organizzazioni sindacali. In questo mare in tempesta, dobbiamo imparare a remare insieme, nella stessa direzione. Dobbiamo tornare a essere uniti, a sentirci classe e magari a sfruttare la crisi socioeconomica che l’emergenza Covid-19 ha determinato, per sviluppare nuove “difese immunitarie” anche sui posti di lavoro; tornando a combattere più forti e sani di prima, anche attraverso l’attuazione di una nuova Carta dei diritti universali del Lavoro, come ha proposto la CGIL - raccogliendo più di un milione di firme - quando l’ha trasformata in una proposta di legge di iniziativa popolare.

Sperando di regalare questa nuova forza alle future generazioni, auguro a tutti e tutte una buona e sana vita lavorativa, nel rispetto delle regole della società e soprattutto della dignità umana.


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