Città semivuote, paura del domani. E la chiamano estate - di Frida Nacinovich

...“e sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se noi piangiam”. L’estate del coronavirus odora di mascherine sudate, ha la faccia spettrale di città semideserte - specialmente quelle d’arte - perché i turisti non ci sono più e gli italiani sono andati a vivere in periferia.

Una società plasmata su una mobilità frenetica è andata in tilt di fronte a una variabile impazzita, il coronavirus, che ha stravolto consuetudini ereditate in anni e anni di acquiescenza al modello dominante. Fare affari voleva dire essere al passo con i tempi, e chi non li faceva veniva sospinto inesorabilmente ai margini.

Ma ora che gli affari languono, perché ‘stare a casa’ - o negli immediati dintorni - è diventata una forma mentis per contrastare la pandemia, la fotografia dei centri cittadini senza turisti, senza studenti, con i lavoratori in home working, richiama quella dei due pistoleri che si affrontano nella main street di un villaggio semi abbandonato, con i cespugli portati dal vento che rotolano, come all’inizio del Grande Lebowski, e l’indimenticabile musica di Sergio Leone nell’aria.

Eppure si continua a dire che va tutto bene, che il lavoro da casa riunisce le famiglie, combatte l’inquinamento atmosferico. E se quella delle mascherine è stata una delle poche riconversioni industriali riuscite, anche se la raccolta differenziata ne soffre, non resta che incrociare le dita e sperare che i finanziamenti del recovery fund aiutino davvero a ricostruire la Repubblica fondata sul lavoro, che però continua ad essere poco, spesso precario e malpagato. Va a finire che per non pensare al domani ci si rifugia nell’eterno presente della partita di calcio da vedere in tv, a casa di amici o nei bar.

Tanti anni fa sotto l’ombrellone si parlava di politica, oggi della Juventus che vince il suo nono scudetto in un campionato surreale, fatto di partite surreali a porte chiuse. Intanto il governo Conte, dopo aver iniziato a sciogliere i nodi delle autostrade e del piano europeo di aiuti, ha guadagnato alcuni punti in popolarità e, soprattutto, continua a non avere alternative credibili.

Non per caso, come in un film ‘di paura’, si risente parlare di una commissione bicamerale per decidere dove impiegare i soldi in arrivo nel 2021 dall’Unione europea. Un eterno ritorno, nel segno di quella conduzione democristiana del potere che resta, agli occhi degli italiani, non solo rassicurante ma anche l’unica possibile. Così l’originaria forza eversiva del Movimento cinque stelle si è trasformata in pochi anni in una sostanziale accondiscendenza alle liturgie della politica. A tal punto che dentro la berlusconiana Forza Italia in tanti vorrebbero partecipare alle decisioni del governo.

L’avreste mai detto? Meno di dieci anni fa Beppe Grillo dava la linea ai suoi annunciando di voler aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Oggi si limita a dare un colpo alla democrazia attraverso un referendum costituzionale che ridurrà gli spazi dell’agibilità politica, facendo un favore ai ricchi e ai potenti.