La pandemia, il lavoro che cambia, il ruolo del sindacato - di Federico Antonelli

Le conclusioni del coordinamento nazionale della sinistra sindacale in FILCAMS-CGIL, 22 ottobre 2020

Chiudere questa riunione è facile e difficile al tempo stesso.
Nei primi mesi della pandemia le persone avevano paura di ammalarsi, oggi le persone hanno paura di fermarsi nuovamente. Questo paradosso, assieme alla speranza, sostenuta da molti politici mondiali, che tutto tornerà come prima, sta segnando il presente. Ciò non è possibile né auspicabile. Questa crisi deve fare ripensare molte delle politiche sostenute in questi anni: è necessario ripartire dal pubblico, nella sanità in primo luogo. Una sanità pubblica, orientata al territorio. Bisogna rivedere il ruolo di regolatore economico dello Stato: non più solo dispensatore di risorse che orientano consumi, sviluppo e produzione. Lo Stato deve tornare a essere protagonista dell’economia con un piano di lavori di ammodernamento del paese, con un ruolo di controllo e gestione delle scelte imprenditoriali.

Nel corso del dibattito sono emersi molti aspetti che stanno alle scelte politiche e a ciò che sta accadendo nel mondo del lavoro: non riprendo alcuni concetti molto ben sintetizzati da Giacinto o da Andrea. Il MES e il dibattito sul suo utilizzo per esempio. Mi interessa focalizzare, però, alcuni punti. Ad esempio il reddito di emergenza di cui ha parlato Andrea. Nei prossimi mesi potremmo avremo una grossa crisi occupazionale. Dobbiamo pensare a rafforzare l’istituto del reddito di cittadinanza, perché noi oggi non sappiamo come questa crisi inciderà sulla vita delle persone e non possiamo abbandonare i singoli a se stessi. Dobbiamo pensare che al sistema delle difese passive alla crisi (cassa integrazione) sia affiancato un sistema di difese attive (formazione e progetti di riqualificazione professionale).
Dovremo pensare che l’attuale modello di sviluppo dovrà essere sostituito da uno diverso che ponga al centro il lavoro (rinnovando i contratti), l’economia sostenibile, un sistema di welfare che non escluda nessuno e, come detto prima, un diverso ruolo dello Stato.

Questa crisi sta anche portando alcuni clamorosi cambiamenti nel lavoro e nei suoi modelli organizzativi: il più dibattuto è la diffusione dello smart working. Sullo smart working, dobbiamo indentificare anche contraddizioni e rischi. Isolamento sociale, perdita di valore dell’esperienza professionale e del percorso di crescita umano, difficoltà di gestione della propria vita; nello smart working si rischia di entrare in un processo continuo che crea una confusione esistenziale molto diversa dal concetto di conciliazione di vita e lavoro alla base del concetto di “lavoro agile”. Dovremo essere bravi a contrattare questo strumento avendo cura di discutere di tali rischi. Parlando di Smart Working dovremo anche ricordare tutto il lavoro di servizio e in appalto che si muove attorno alle sedi operative: mense, pulizie e ristorazione. Tutte attività organizzate dalla nostra categoria che potrebbero subire, negativamente, le conseguenze della riduzione delle presenze negli uffici.

Nel dibattito abbiamo affrontato alcuni temi che stanno alla nostra area e alla scelta di formalizzarne la sua costituzione. E’ stata una scelta difficile, condivisa e sostenuta. Una scelta che non contraddice la nostra volontà di non accettare steccati per cui e su cui dovremo spendere molto del nostro agire perché la nostra prospettiva resta una ampia sinistra sindacale in una CGIL unita e plurale. Quando ho iniziato a militare in CGIL i congressi che vivevano di mozioni contrapposte: di una maggioranza e di una minoranza che avvertivano forte la loro distanza. Molti di noi non hanno vissuto quella stagione e la scelta di costituirci come area programmatica provocherà uno scossone perché è un segnale, tutto politico, che vogliamo lanciare: per noi la democrazia in CGIL è quella delle opinioni, del dibattito, delle posizioni politiche chiare e legate a scelte di merito. Non solo quella del confronto tra strutture, come pluralismo di territori e di categorie.

Per noi il merito è anche il ruolo del delegato. Al delegato deve essere offerta assistenza, formazione, strumenti di crescita e ambiti in cui essere protagonista. Senza i delegati il sindacato non esisterebbe e noi, come sinistra sindacale, lo ribadiamo con grande forza, come con forza, nel corso del nostro bel seminario di ottobre 2019, i delegati hanno richiesto di essere ascoltati, di vedere nel nostro agire coerenza tra ciò che si dichiara e ciò che si fa. Crediamo molto nella possibilità di fondere esperienze diverse, quelle di chi fa l’attività sindacale anche per mestiere e di chi invece fa sindacato nella propria azienda. E’ la storia della CGIL che ce lo insegna.

Ci sono due ultimi aspetti da dibattere: la politica e il rinnovamento dei quadri. Politica dei quadri che significa anche occuparsi di posti, senza vergogna, perché è sulle gambe delle persone che camminano le idee e le prassi conseguenti. Rinnovamento perché una nuova classe dirigente si sostituisca alla precedente, in un processo continuo e fluido in cui fare confluire età ed esperienze. In FILCAMS pubblichiamo da anni, grazie all’impegno di Andrea, il giornale “Reds”. E’ uno strumento identitario, di elaborazione e di riflessione importante. E’ la nostra voce ed è uno splendido strumento di dibattito e visibilità. Continuiamo a scrivere articoli e a dare il nostro contributo.

Nei prossimi mesi, pur nella difficoltà di non poterci vedere di persona e con i mille impegni del lavoro che ci assorbono, dovremo iniziare a programmare una serie di attività per rafforzare e consolidare la nostra presenza. Le assemblee territoriali prima di tutto e poi il nostro seminario. Buon lavoro, compagne e compagni!