1921, comunisti e sindacato/3 - di Claudio Gambini

Presenza, battaglia delle idee, scontro, conquista di posizioni, autonomia di iniziativa di fronte ai cedimenti

[La prima e seconda parte di questo saggio sono state pubblicate con lo stesso titolo su “reds” numeri 1 e 2 rispettivamente di gennaio e febbraio 2021]

L’analisi [dei comunisti] sui problemi interni alla Confederazione, a partire dagli esiti dell’ultima assise [il V Congresso della CGL si tenne nel 1921 sempre a Livorno dopo i congressi di Livorno del PSI e di costituzione del PCdI, ndr], partiva dalla considerazione che il precedente congresso si era tenuto nel 1914 e, di conseguenza l’organizzazione “fu completamente – scriveva polemicamente l’Ordine Nuovo- lasciata in balia di un ristretto gruppo di funzionari, che minuziosamente montarono la macchina che oggi dà loro l’assoluto dominio. Sette anni senza congresso hanno permesso di più: tutto un nugolo di funzionari è stato scaglionato nelle più importanti posizioni, e si è costituita una fortezza imprendibile e inaccessibile anche ai più tenaci e volenterosi”. E questo in parte spiega anche l’atteggiamento dei comunisti che dati i rapporti di forza posero praticamente solo questioni di principio, ma anche la inadeguatezza del gruppo dirigente della CGL che non prese nessuna iniziativa sulla crisi economica, sulla disoccupazione, sulle rappresaglie politiche che ormai colpivano sempre di più le rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, senza peraltro fornire direttive per fronteggiare quella che ormai si delineava come una controffensiva generale dell’avversario di classe.

Certamente nel clima contrastante del congresso non emerse, da parte di tutti i protagonisti, una consapevolezza adeguata agli eventi e nella stessa diversità di posizioni l’elaborazione sindacale comunista risentiva di una mancanza di comprensione più complessiva della situazione del sindacato. Lo stesso Gramsci in un articolo del febbraio 1921 su l’Ordine Nuovo ribadiva “La lotta per la formazione e lo sviluppo dei Consigli di fabbrica e di azienda crediamo sia la lotta specifica del Partito comunista (…) Con la lotta per i consigli sarà possibile conquistare in modo stabile e permanente la maggioranza della Confederazione”. E’ evidente come tali riflessioni erano inserite in un’analisi della situazione italiana e internazionale che non individuava il riflusso strategico della rivoluzione mondiale e il carattere difensivo dello scontro in atto. Per dirla con lo storico brasiliano Marcos Del Roio, “tanto Gramsci quanto ancor di più il nucleo dirigente del PCd’I continuavano a caratterizzarsi per un’analisi teorica nella quale prevaleva il momento della scissione e dell’offensiva rivoluzionaria”. Nello specifico sindacale questa impostazione si basava sulla convinzione che vi fossero ancora margini per una ripresa delle iniziative di massa, riprendendo l’autonomia consiliare della primavera del 1920, in una situazione dove l’attacco padronale e fascista stava distruggendo completamente questa esperienza. Nel suo complesso, riprendendo in sede storica il giudizio di Adolfo Pepe, non era certamente idonea a consentire ai comunisti di assumere nella CGL quella funzione di opposizione e di minoranza tesa a conquistare la maggioranza dell’organizzazione senza rompere l’unità istituzionale che era la linea di fondo di tutto il gruppo dirigente comunista e della stessa Internazionale.

Certo mentre si combatte è difficile vedere i passaggi di fase, ne sappiamo qualcosa noi oggi, figurarsi nella temperie dei primi anni Venti. Rimane però la centralità del partito nella difesa degli interessi immediati e strategici della classe operaia e nell’attenzione nei confronti delle vicende sindacali. Una dinamica costante, tesa ad influire sulla cultura della Confederazione generale del lavoro e a trasformarla senza assumere tratti scissionistici. Un’attenzione come presenza, battaglia delle idee, scontro, conquista di posizioni, autonomia di iniziativa di fronte a ritardi e cedimenti. Un impegno in prima linea contro il fascismo, sin dai primi anni, con impegno e coerenza e grande sacrificio di tutti i militanti che hanno fatto questa storia.
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