Il governo dei padroni - di Andrea Montagni

Quando il malmostoso Renzi provocò la caduta del governo Conte II, sebbene non fossimo mai stati fans del governo Conte dicemmo subito che il governo successivo sarebbe stato un governo spostato a destra. Dicemmo, inascoltati anche in casa nostra, che non si dovevano fare aperture di credito a Draghi. Avevamo, purtroppo, ragione.

La Lega, finalmente a suo agio in un governo in cui il ministero chiave dello sviluppo economico è nelle sue mani, ha dismesso i panni populisti in cui era costretto, ha mollato senza tante lacrime quota 100 e il blocco dei licenziamenti per farsi interprete fedele dei dettami di Confindustria.

Ho avuto la sorte, quando la Lega liquidò – alla vigilia di elezioni nelle quali era previsto un suo aumento (che ci fu) di voti – il proprio apparato licenziando tutti gli impiegati, i magazzinieri, i portieri, i centralinisti di avere a che fare con l’onorevole Giorgetti. Mi colpì il cinismo e l’indifferenza con la quale rifiutava qualsiasi possibilità di ricollocazione dei dipendenti che, increduli, gli ricordavano le nottate passate insieme a fare affissioni, i volantinaggi, le giornate nella sede di Via Bellerio. Non li degnava né di uno sguardo, né di una parola. Ci sono momenti nei quali si vede la qualità dell’uomo. Immagino l’espressione che avrà sul volto nel decidere il licenziamento dei 6000 dipendenti Alitalia o le spallucce per le centinaia di migliaia di licenziamenti previsti in conseguenza della fine del blocco…
Il ministro giusto al posto giusto, vista la natura di questo governo!

La CGIL è autonoma e non giudica i governi sulla base della loro composizione, ma solo sulla base delle scelte. Ma autonomi non significa indifferenti e neppure coglioni.

Dobbiamo tornare nelle piazze e discuterne nei luoghi di lavoro, prima che sia tardi.