“La ‘minoranza’ non è mai stata tagliata fuori dalle cose che contano” - di Aldo Amoretti

IX Congresso della FILCAMS – XII Congresso della CGIL -
A 30 anni dalla presentazione della mozione Essere sindacato

[Aldo Amoretti è stato Segretario della Camera del Lavoro di Parma nel 1967 (a 23 anni); poi in Cgil nazionale dal 1972 al 1977 quando entro nella segreteria dei tessili (Filtea) e ne diventa Segretario generale nel 1986; dal 1991 Segretario generale della Filcams, dal 1999 al 2002 Segretario generale della Cgil siciliana e poi Presidente del Patronato Inca dal 2002 al 2006.  Consigliere Cnel dal 2006 al 2012]

Ho messo piede in Filcams in occasione del IX° Congresso, la seconda settimana di ottobre 1991. La categoria era in subbuglio prevalentemente per beghe interne alla maggioranza piuttosto che per contrasti con la sinistra. La quale, tuttavia, era una miscellanea di diverse tendenze e provenienze in parte dalla categoria medesima ed in parte da altre categorie e dalla Cisl. I leader riconosciuti nella sinistra erano Bruno Rastelli e Luigi Coppini. Bruno era il capo popolo del gruppo CGT (Caterpillar); una struttura sindacale ben organizzata e solida; Luigi era in apparato nazionale con incarico di occuparsi del mondo Coop.

Il 16 dicembre si elegge una Segreteria di sette persone con l’intenzione dichiarata di ridurre. Le tensioni e insoddisfazioni sono molte; ci sono ruggini vecchie e difficili da scrostare. Mia opinione è di non segnare la differenza gerarchica tra Segreteria e compagni di un apparato qualificato; prendiamo l’abitudine di riunirsi tutti insieme salvo quando la discussione giustifica la riunione della sola Segreteria.
Tuttavia la “minoranza” non è mai tagliata fuori dalle cose che contano.

Siamo l’unica categoria che organizza incontri tra la struttura e i vari movimenti di consigli, autoconvocati e dintorni. Ne scaturiscono discussioni anche dure, ma sempre reciprocamente rispettose.

Alcuni eventi innescano una discussione cattiva sull’organizzazione, la gestione dei finanziamenti, i ruoli. Spunta lo “scandalo NOVACOLOR”. In questa azienda di Milano si è gestita una complicata vertenza di ristrutturazione. Si è conclusa con il riconoscimento di esuberi, cassa integrazione e corsi di formazione professionale finanziati da denaro pubblico. Nella transazione finale si liquidano vecchie pendenze dell’azienda verso i sindacati ai quali non sono state versate le quote Colvelco previste dal Contratto nazionale. Ne segue un processo nel quale sono sotto accusa anche i sindacati per complicità nella truffa (assolti). Pubblico Ministero Antonio Di Pietro (non è ancora famoso).

Il 22 gennaio 1992, appena tre mesi dalla mia elezione un gruppo di 26 componenti il Direttivo nazionale formalizzano la sollecitazione ad una riunione da fare prima di quella che discuterà il bilancio “per un esame complessivo di tutte le problematiche relative alle varie forme di contribuzione e finanziamento del sindacato, con particolare riferimento alle varie quote di servizio attualmente in vigore, agli Enti bilaterali ecc….e alle loro finalità”. I firmatari sono un fritto misto di tutte le correnti e vari livelli di strutture provinciali, regionali e pure del nazionale stesso. C’è la firma di Coppini; non quella di Rastelli. Intanto ho dovuto chiedere un prestito di cento milioni che se no avrei saltato gli stipendi di dicembre e la tredicesima.

Con l’arresto di Gilberto Pascucci, ex Segretario generale Filcams accusato di malaffare in vicende Enasarco, si aggrava il clima interno e nel rapporto con la Cgil. In un Direttivo di 10-11 dicembre mi tocca reagire a una Confederazione che sembra sollecitarmi a un repulisti. In relazione metto le cose come segue: “Considero giusto porsi una domanda che implica un giudizio sulla Filcams come organizzazione: - si pensa che ci sia una malattia genetica? – oppure la Filcams è come tutta la Cgil, ma con problemi in più e con talune vicende-situazioni da sanare? Chi sostenga la tesi di una sorta di malattia genetica, quindi incurabile, deve andarsene. Io che sono appena arrivato, non la penso così. Sono di parere che ci sia da svolgere un’opera di cambiamento, di riforma, ristrutturazione e riorganizzazione. E questa va fatta anche combattendo fenomeni di degenerazione che ci sono.”

Da li comincia una risalita. Nella vita dell’organizzazione come nei risultati della contrattazione. Le soluzioni contrattuali realizzate in commercio e turismo sono in linea con quelle di altre categorie importanti, ma con una mensilità in più (c’è la quattordicesima in contratto nazionale) e dieci scatti di anzianità. Anche in una riunione Cgil mi capita di dire che, vista a posteriori, sarebbe stato meglio qualche soldo in meno in un contratto nazionale che fosse più applicabile con più possibilità di contrattazione decentrata. La contrattazione in aziende si fa; è un fiasco quella territoriale; non si presentano neanche le piattaforme, salvo Bolzano e Roma. I nostri contratti affrontano i problemi dei quadri grazie a Bruno Rastelli che ne è il capo e che, pur non essendo in segreteria, è associato alla gestione delle vicende contrattuali importanti. Nel turismo sventiamo il primo tentativo di contratto pirata inventando, insieme al Ministero del lavoro il “comparativamente” che è poi diventato regola per misurare la rappresentatività; il 20 giugno 1997 firmiamo, primi in Europa, il protocollo che regolamenta il telelavoro; otteniamo un buon risultato sulla indennità di disoccupazione agli stagionali del turismo che era a 800 lire giornaliere; dopo una lunga vertenza nel settore delle pulizie portiamo a casa la clausola sociale da valere nei cambi di appalto.

Le discussioni e la dialettica con la sinistra raramente riguardavano la vita della Filcams, le diversità traversavano tutte le correnti e gruppi esistenti. Si riversava in Filcams il dibattito generale e mi sentirei di dire che il lavoro comune abbia generato una sorta di “spirito di corpo” della categoria che ha cominciato a partecipare alla vita confederale “dicendo la sua”.

Ho deluso Bruno Rastelli per non averlo inserito in Segreteria al X° Congresso del giugno 1996. In vista dell’appuntamento lo vado a trovare dopo un periodo di malattia anche per sottoporgli la bozza della relazione (titolo “più siamo meglio è”). Mi sollecita l’ingresso in segreteria. Non solo gli dico no, ma aggiungo: “Ma Bruno sei sicuro che se apro la porta della segreteria sei proprio tu a entrare?”. E non era una cattiveria; infatti, quando poi sono arrivati i “buoni” che hanno aperto e allargato, Bruno è rimasto comunque fuori. Con Bruno e Luigi è rimasta un’amicizia di quelle che nessun contrasto politico può intaccare.


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