La guerra non piace, ma i “migliori” tirano dritto - di Frida Nacinovich

Per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti, un Fabrizio De André d’annata - quello politico di ‘Storia di un impiegato’ - aiuta a descrivere il vicolo cieco in cui si è infilata l’Unione europea, e con essa naturalmente il governo italiano di fronte alla guerra russo ucraina. Un conflitto che rischia di diventare permanente, perché la strada dell’invio sempre più massiccio di armi non ha fermato Vladimir Putin. Aumentando l’impatto drammatico sulle popolazioni civili interessate alle operazioni militari, allontanando ancor di più la possibilità di riaprire negoziati, facendo risuonare le voci dei cannoni invece che quelle della diplomazia. Se il medico pietoso fa la piaga puzzolente, chi continua a pensare che si possa dare una possibilità alla pace inviando armamenti è ancor più irresponsabile dei governi russo e ucraino. Super Mario Draghi, che guidava con mano ferma l’autorità monetaria europea, è ridotto oggi a un ruolo di vassallo di una Ue sempre più con l’elmetto in testa, basta leggere in proposito le dichiarazioni della ex ministra della difesa tedesca, Ursula von der Leien, attualmente a capo della commissione europea. Le colombe della pace sono sempre più lontane dal suolo europeo, e a poco servono perfino i sondaggi, solitamente ascoltati come l’Oracolo di Delfi dalle classi politiche in cerca di riconferme. I governati chiedono pace e diplomazia, i loro governanti non li ascoltano, e anzi spendono e spandono in armi sempre più moderne e micidiali, tagliando al tempo stesso le spese per il welfare, per la scuola e la sanità pubbliche per le fasce più deboli della popolazione. Il popolo non ha pane, mangi le brioche, come ebbe a dire la regina francese Maria Antonietta, che però non fece una bella fine.