Riprendere a navigare in mare aperto in una CGIL unita e plurale - di Andrea Montagni

“Le persone partecipano quando sentono che la loro condizione materiale è parte della discussione politica”

“Questo nostro XIX Congresso si svolge in un momento straordinariamente complesso e inedito”. Questo è l’incipit del documento congressuale che accompagnerà i nostri prossimi mesi di lavoro.

Lo so! Qualche compagna o compagno solleverà spallucce per questa formula ormai diventata di rito: “complesso e inedito”, dove inedito non indica un fatto mai accaduto prima nella storia recente dell’umanità, ma piuttosto una cosa che le nuove generazioni - quelle venute al mondo dopo gli anni 70 - non avevano vissuto sulla loro pelle. Ci siamo abituati - parlo dei compagni con la mia formazione politica - a scrivere che la storia tende a riprodursi in forma farsesca, fossilizzando una, per altro assai felice, formula di Marx; ma di fronte a quel che è accaduto negli ultimi anni, emerge il disfacimento tragico di un assetto internazionale nato dopo due (due!) guerre mondiali e un processo che pareva di stabilizzazione conclusosi ad Helsinki nel 1975 con un trattato che doveva assicurare la pace a partire dal riconoscimento reciproco di tutti i confini europei e la fine della corsa agli armamenti nucleari.

L’altra guerra, quella non dichiarata ma quotidianamente combattuta dal 1848, la guerra di classe, è andata avanti e il fallimento - di questo dobbiamo parlare - del socialismo reale, e di quel che ne era stato il risultato, ha minato la stabilità della Russia, l’ha travolta, politicamente, economicamente, socialmente e moralmente. Scelga il lettore, di chi è la responsabilità o il merito di questa débacle, ma sia consapevole che l’abbiamo pagata tutti a partire dal movimento operaio, socialista e sindacale dell’Occidente e non solo nell’universo mondo fuori di noi.

Mentre scrivo, penso ai martiri delle centinaia di stragi quaediste e dell’ISIS, le migliaia di proletari morti nelle strage delle Torri gemelle (2977 persone), per non citare quelli senza nome, anch’essi a centinaia, in Irak, Siria, Afghanistan, Turchia, Pakistan fino ai nostri morti di Bruxelles e del Bataclan; alle vittime di una pandemia che, all’inizio, il mondo capitalistico ha cercato di negare, che ha messo in luce - non solo in Italia - un sistema sanitario incapace, privo di risorse, per politiche neoliberiste che hanno accompagnato la ”vittoria” del capitalismo sul socialismo; una pandemia che ad oggi ha fatto 6.322.311 morti di cui 2.026.827 nella sola Europa e 168.000 nella sola Italia, su 16,8 milioni di casi. E infine la guerra in Ucraina con la decisione russa - una scelta degna di avventurieri della politica - di rispondere sul piano militare diretto alla pressione degli Stati uniti che scompostamente - anche nei passaggi di presidenza tra forze apertamente fascistizzanti (Trump) e liberali (Biden) - cercano di salvaguardare il proprio predominio mondiale.

La CGIL è stata, a partire dalla seconda metà del secolo passato, protagonista di un processo unitario del movimento sindacale internazionale ed europeo che ha affiancato i processi di distensione e ha affermato l’idea di un’Europa di pace, elemento di equilibrio, capace di salvaguardare e proporre al mondo un modello di coesione sociale, di stato sociale europeo, basato sul diritto al lavoro, sul diritto alla salute e sulle libertà civili.

La sconfitta del socialismo reale ha invece prodotto una poderosa reazione capitalistica, che ha imposto il proprio modello sociale darwiniano che ha travolto prima l’America latina - il cortile di casa dell’imperialismo USA - e poi l’Est Europa, attraverso la degenerazione economica e le privatizzazioni selvagge delle fonti di materie prime e dei complessi industriali e militari. Precarietà. povertà, incertezza tornano ad essere una amara realtà anche in quella parte del mondo, la nostra, nella quale l’Europa di pace e di progresso era stata pensata e idealizzata dopo la II guerra mondiale…

Scrive, nell’articolo di apertura di questo numero di “reds” il compagno Federico Antonelli: “E’ un’affermazione che nella sua semplicità riassume bene il cuore delle discussioni che dovremo affrontare: come il sindacato e il movimento dei lavoratori dovrà porsi nei confronti di questa complessità.

Alla massa di lavoratori - la maggior parte dei quali è digiuna, perché considerati obsoleti o semplicemente sconosciuti, dagli strumenti di analisi dei gruppi dirigenti che hanno diretto la CGIL fino ad oggi, in un processo di disalfabetizzazione politica e culturale di ritorno che ha riguardato anche tanti attivisti e quadri sindacali, cui ovviamente non si rimprovera il livello di istruzione che è indubbiamente cresciuto e si è elevato rispetto a quello delle generazioni precedenti, compresa la mia - occorrono risposte e indicazioni chiare, capaci di consentire loro di riprendere in mano il proprio destino e quello dei compagni di lavoro. La semplicità è uno strumento di lotta! Come ha detto recentemente Maurizio Landini: “Le persone partecipano quando sentono che la loro condizione materiale è parte della discussione politica”.

In questo, il documento congressuale - la cui caratteristica principale è, per l’appunto, la sobrietà - coglie nel segno: chi parteciperà ai congressi - centinaia di migliaia di iscritti come minimo e pur nei tempi ristretti delle assemblee di luogo di lavoro (una/due ore comprese le illustrazioni dei documenti) e si esprimerà con un voto - ne ricaverà indicazioni sull’agire giorno dopo giorno nel proprio luogo di lavoro, come RSA o come delegato, o anche come semplice iscritto.

Nel XVIII Congresso, le compagne e i compagni di Lavoro Società sottoscrissero il documento congressuale, sostennero lealmente la candidatura di Maurizio Landini e la CGIL nelle sue decisioni unitarie, politiche e di merito, con realtà e partecipazione alle scelte. Il nostro obiettivo era - e resta - di portare ad unità una sinistra sindacale “unitaria e plurale”. Le nostre compagne e i compagni eletti in CDN hanno sottoscritto il documento “Il lavoro crea il futuro”, primo firmatario Maurizio Landini, che esprime continuità con la linea della CGIL.

L’obiettivo di unire culturalmente e politicamente la sinistra sindacale resta obiettivo ambizioso che non abbiamo abbandonato, anche se abbiamo dovuto, per ragioni statutarie, formalizzare una aggregazione programmatica nel CDN uscente. Non ci interessa costruire di nuovo steccati, ma continuare a navigare in mare aperto, certi che il nostro contributo e la nostra presenza - che difenderemo con le unghie e con i denti anche a livello organizzativo - siano una ricchezza per tutte e tutti.