La pace si fa in due - di Riccardo Chiari

In una lunga intervista alla rivista dei gesuiti statunitensi “America”, Papa Francesco ha rilanciato la sua mediazione per la guerra in Ucraina, e si è reso disponibile ad ospitare in Vaticano un incontro fra i leader per avviare trattative di pace. Jorge Bergoglio ha ribadito la posizione che porta avanti dall’inizio della guerra, respingendo le accuse di essere “filoputiniano”: “Quando parlo dell’Ucraina, parlo di un popolo martirizzato. E quando c’è un popolo martirizzato, c’è qualcuno che lo martirizza”. Una chiara condanna per l’aggressione della Russia, senza però giustificare la guerra, più volte chiamata “terza guerra mondiale”. Infine il pontefice ha anche parlato dell’ipotesi di un viaggio, ma ad una condizione: “Se viaggio vado a Mosca e a Kiev, in entrambe le città, non solo in una”.

Alle aperture russe ad una mediazione del Vaticano è seguito il silenzio del governo ucraino. Sia perché un decreto presidenziale vieta ogni negoziato, sia perché nelle sue ultime esternazioni Zelensky ha posto come condizione preliminare la ritirata russa dai territori occupati dopo il 24 febbraio scorso e dalla stessa Crimea. Confermando così che per lui il trattato di Minsk, firmato all’epoca da entrambe le nazioni, non ha alcun valore.

Così il ministro ucraino Dmytro Kuleba ha invitato i paesi della Nato a incrementare la produzione di armi. E la Nato, ha assicurato il segretario generale Jens Stoltenberg, “continuerà a stare a fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario. Non arretreremo, per creare le condizioni per una pace duratura dobbiamo continuare a fornire sostegno militare”. Un sostegno che continuerà anche da parte italiana, visto che il governo Meloni aveva intenzione di prorogare le forniture di armi fino alla fine del 2023, senza neppure passare da una discussione parlamentare che ha riconfermato purtroppo lo schieramento bellicista che va da Fratelli d’Italia al Pd, passando per la coppia Calenda-Renzi.