Non è una manovra per poveri - di Riccardo Chiari

Contrassegnata da misure ingiuste come l’innalzamento a 85mila euro dell’aliquota secca del 15% ai redditi dei cosiddetti “autonomi”, la reintroduzione dei voucher che finiscono di mercificare il lavoro, e ulteriori tagli a sanità e scuola pubbliche, la prima manovra economica del governo Meloni ha un segno classista e reazionario, come del resto lo sono le forze politiche che ne fanno parte.

Non è una manovra per poveri, lo dimostrano le penalizzazioni nei confronti di lavoratrici, lavoratori e pensionati, il taglio delle tasse sulle rendite da capitale, l’accondiscendenza nei confronti delle grandi aziende che hanno speculato sui prezzi dell’energia, e che non hanno visto tassati come si dovrebbe gli enormi extraprofitti conseguiti. Al tempo stesso il governo Meloni si è ben guardato dall’intervenire seriamente contro l’inflazione, che pesa tremendamente su stipendi e pensioni delle classi popolari.

Come osservano puntualmente gli attivisti di Sbilanciamoci, autori di una controfinanziaria con 75 proposte specifiche per una legge di bilancio sostenibile ed equa fondata sull’ambiente, i diritti e la pace, la manovra melonian-salviniana “aumenta le spese militari di 800 milioni, fa sconti fiscali ai ceti medio-alti del lavoro autonomo con la flat tax, riduce i diritti sociali smontando il reddito di cittadinanza, e favorisce l’evasione fiscale con l’estensione dell’uso del contante e la misura sul Pos”, contestata perfino dall’Unione europea.

Il governo si accanisce anche sulla sanità pubblica. E se Fabio De Iaco, presidente nazionale della Società italiana di medicina di emergenza-urgenza, parla di un Servizio sanitario nazionale “in via di smantellamento se non di demolizione”, la Cgil con Daniela Barbaresi fotografa così la situazione: “Precipita il rapporto tra spesa sanitaria e Pil al 6,1% nel 2025, ben inferiore ai livelli pre Covid, sotto la soglia di investimento minimo che secondo l’Oms metterebbe a rischio la sanità pubblica. Il governo accelera la privatizzazione del settore, velocizzando il passaggio dall’universalità del Ssn e della salute come diritto, alla cura come bene di consumo per chi può permetterselo. Al calo delle risorse si accompagna la carenza di personale, che assume i contorni di un’emergenza nazionale”.

Analoga la posizione del movimenti, dal Forum per la salute a Medicina Democratica, pronti a osservare che “il governo conferma di fatto il Pnrr dell’ex ministro Speranza, ricalcando tutte le scelte contro-riformatrici pregresse del Pd, ma soprattutto conferma la cosa oggi più letale per la sanità, vale a dire i tetti alle assunzioni. Oggi Meloni, nella più perfetta continuità con il centro-sinistra, sulla sanità non fa altro che mettere in pista una legislazione emergenziale, esattamente come hanno fatto i predecessori”. Quando invece, a giudizio dei movimenti per la salute pubblica, i tetti alle assunzioni dovrebbero essere cancellati, e il Pnrr sul comparto sanitario andrebbe riscritto tutto da capo.


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