Pd uguale Dc al quadrato - di Frida Nacinovich

Fra gli appassionati del genere spopola la fotografia di Albert Einstein, rigorosamente in bianco e nero, che alla lavagna spiega il teorema: Pd uguale Dc al quadrato. Una dimostrazione di come i vizi e difetti della vecchia balena bianca democristiana si perpetuino, accresciuti, nella strana creatura politica forgiata da Walter Veltroni come ha fatto Geppetto con Pinocchio. All’epoca, solo quindici anni fa, con due veloci colpi di scalpello furono tagliati i residui, pur minimi, richiami alla tradizione social-comunista. Per capirsi, della vecchia falce e martello non restava nulla, nemmeno la sua radice quadrata. Si accresceva invece, come dimostrato dal più grande matematico-filosofo del ventesimo secolo, la cultura democratica cristiana. La stessa che dal 1945 ad oggi ha permeato tutti i gangli politici e istituzionali dello Stato italiano. Con un assunto preso di peso dal capolavoro dei fratelli Bertolucci ‘Berlinguer ti voglio bene’: “Pole il piddì non essere di governo? No”. Il postulato è che il Pd non deve essere di sinistra. A riprova, non appena voci (isolate) chiedono di inserire nella carta dei valori del partito qualcosa di sinistra, subito si alza un coro di sdegno. I principi non si toccano. Primum governare, poi filosofare. Di conseguenza, chiudendo il teorema einsteniano, fra i candidati Bonaccini, Schlein e Cuperlo, solo il primo - comunista per grave errore politico di gioventù, pentito contrito e redento sulla via della segreteria - può assurgere al ruolo che è stato di Veltroni, Renzi, Letta, e delle meteore Bersani e Zingaretti. Gli altri due servono a fare numero e creare un simulacro di competizione. Nel solco di quelle correnti che hanno attraversato la storia della Dc prima e del Pd oggi. Sognando di riunire, prima o poi, l’intero grande centro italiano sotto un’unica bandiera. Chiudendo, finalmente, la diaspora democristiana e riconquistando il potere oggi nelle mani della destra melonian-salviniana.


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