Il fascismo è l’opposto della democrazia - di Federico Antonelli

Lo ammetto, ha vinto lo sdegno: vedere Giorgia Meloni sul palco del nostro congresso era troppo.

Le magliette antifasciste indossate da molte delegate al Congresso erano la testimonianza del disagio di ognuno di noi. Quel disagio rappresentava la distanza tra noi, che eravamo a Cutro a commemorare le vittime di una strage umana inaccettabile, e lei, che nelle stesse ore festeggiava pubblicamente un compleanno, come se quella strage non la riguardasse. Ospitare Giorgia Meloni al nostro Congresso è stato un errore, perché quello che ci avrebbe detto lo sapevamo già, e non era al nostro congresso che avremmo cambiato le scelte del suo governo: il contrasto alle sue scelte dobbiamo affidarlo alla nostra azione sindacale (istituzionale, politica e comunicativa).

Ospitare Giorgia Meloni al nostro congresso è stato un errore perché non dobbiamo darle ascolto per chiedere ascolto, in una mal declinata idea di democrazia. Lei deve darci ascolto per ciò che rappresentiamo: la classe lavoratrice e il ruolo conseguente che ci assegna la Costituzione. Che sancisce la libertà sindacale e il ruolo che le organizzazioni sindacali rivestono nella Repubblica antifascista. Il ruolo che ci è stato assegnato dalla Carta è consolidato dalla lunga storia di rappresentanza: milioni di lavoratrici/ri, di pensionate/ti si riconoscono nella CGIL e contribuiscono ogni giorno a renderci un soggetto fondamentale per l’esercizio dei diritti e della democrazia. Questa è la motivazione per la quale il governo ci deve ascoltare, non ne conosciamo altre.

La nostra idea di antifascismo deve affondare le proprie radici nell’idea radicale che il fascismo è l’opposto della democrazia; ricordando che ogni tentativo di contenere il fascismo senza opporsi frontalmente ha fallito, consegnandogli il potere, in Italia, come in Germania, senza quasi rendersene conto.

Prendiamo atto che Giorgia Meloni è la presidente del Consiglio dei ministri e che il governo è a trazione fascista, e lo riconosciamo come interlocutore. Ma non vogliamo legittimare – oltre il ruolo istituzionale – il marciume politico che si porta dietro.


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