Stati Uniti d’America e Unione europea non si tolgono l’elmetto - di Riccardo Chiari

La rielezione di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea è una brutta notizia per l’Europa sognata da Altiero Spinelli e costruita da statisti del calibro di Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi. Politici moderati, anticomunisti, che non mettevano in discussione l’alleanza strategica con gli Usa. Ma al tempo stesso entrambi avevano giurato a se stessi che il vecchio continente, dopo millenni di guerre, non avrebbe mai più dovuto essere teatro di conflitti armati.

Al contrario, l’ex ministra della Difesa tedesca non ha fatto nulla per evitare l’escalation della guerra russo-ucraina. Anzi, si è adoperata in ogni modo per non fermarla, assecondando apertamente le pulsioni guerrafondaie degli Stati dell’Unione, che da anni sono ormai in fila come pecore dietro l’interventismo degli Usa. Anche a costo di far finire in recessione quella che era la locomotiva d’Europa, quella Germania – patria per giunta della riconfermata presidente della Commissione Ue - che per vent’anni aveva seguito in politica estera una strategia politico-commerciale di buoni rapporti con Mosca, traendone grandi vantaggi economici al pari di tanti altri Stati continentali.

Di più, von der Leyen ha avuto e continua ad avere la sensibilità di un pilone di cemento di fronte alla carneficina del popolo palestinese. Ben più sensibile si è mostrata, invece, rispetto agli appetiti delle multinazionali e delle loro lobby che fanno il bello e cattivo tempo sia a Bruxelles che a Strasburgo. Risultato: appena rieletta, von der Leyen ha dato subito un saggio di quello che sarà il suo secondo mandato alla guida della Commissione, premendo per la risoluzione che autorizza a colpire con armi europee il territorio russo, e continuando a rifiutarsi di discutere della situazione nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

Il problema è che tra le “famiglie” europee che appoggiano questa devastante linea politica ci sono, con i Popolari e i Liberali, anche i Socialisti & Democratici e i Verdi, che continuano a sacrificare i loro ideali a una politica più che imbarazzante.

Sull’altra sponda dell’oceano Atlantico la novità dell’ultimo mese è stata invece il passo indietro di Joe Biden, sempre più affaticato e destinato secondo tutti i sondaggi ad essere agnello sacrificale nel confronto elettorale di novembre con Donald Trump. Al suo posto affronterà Trump l’attuale vicepresidente Kamala Harris, “che non è Angela Davis e neppure una discepola di Martin Luther King”, come annota Fabrizio Tonello su “il manifesto”, e la cui corsa è comunque in salita, avendo sostenuto ad esempio senza fiatare la politica estera guerrafondaia della Casa Bianca. Comprese le porcherie dell’amministrazione democratica sulla questione palestinese, e la dottrina economica del “friend shoring” che, avvertono gli studiosi non embedded della materia, per sua natura provoca grande instabilità nei commerci mondiali e, conseguentemente, conflitti armati. Guerre.


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