Avanti sulla via maestra! - di Giacinto Botti

Come negli anni ‘90, è in atto la corsa alla totale liberalizzazione e privatizzazione del lavoro e del sistema sociale, a ridurre i costi del lavoro attraverso la riduzione dei diritti, la compressione dei salari e l’aumento dello sfruttamento, con turni e orari di lavoro senza controllo e una competizione al ribasso tra lavoratori italiani e stranieri; questa è la nuova frontiera dello scontro generale.

L’esiguità del salario e il salario povero peggiorano, deteriorano la qualità della prestazione lavorativa, costringono alla prestazione con gli straordinari, all’aumento dell’orario di lavoro fuori controllo, a sottomettersi a condizioni di lavoro inaccettabili, a maggiore disponibilità allo sfruttamento padronale, al ricatto e a lavorare senza protezioni in condizioni dannose per la salute e la propria incolumità.

Più voucher, niente causali, più lavoro precario e a tempo determinato, meno controlli ispettivi, più fringe benefit, niente risorse per i rinnovi contrattuali del settore pubblico, il tutto associato ad una maggior estensione dell’utilizzo degli appalti e subappalti, i cui risultati si rivelano drammatici come la recente strage di Brandizzo dimostra.

Ancora una volta il governo vorrebbe utilizzare i pensionati come “bancomat”, una sciagura per milioni di persone alle prese con l’inflazione pesante sui generi alimentari e i beni di prima necessità, che hanno difficoltà a curarsi a fare prevenzione per i tagli e le manomissioni privatistiche del Sistema Sanitario Nazionale.

I pensionati, che sono già stati rapinati in finanziaria lo scorso anno, hanno subito lo scippo di 10 miliardi in tre anni.

La legge di bilancio nella sua “pochezza”, anche col pasticcio di disinformazione che l’accompagna, conferma la natura classista e antipopolare di questo governo. È una manovra politicamente e socialmente indirizzata verso gli interessi corporativi, il lasciar fare al mercato e al padronato. Poche briciole per i salari, niente per i pensionati e i giovani, mano libera, sul piano dei diritti e delle politiche fiscali, a rendite, profitti, evasori, corporazioni. Privatizzazioni, svendita del patrimonio pubblico, meno risorse per la scuola e la sanità pubblica, nessun investimento sul futuro industriale, sull’occupazione, risorse folli per il ponte di Messina.

Una manovra sì “sociale” – come qualcuno l’ha definita – ma nel senso della lotta di classe alla rovescia: togliere al lavoro e alle fasce deboli per dare ai profitti e alla rendita.

Il 7 ottobre è stata una tappa della “via maestra”: una grande, bella, plurale mobilitazione di popolo, donne, uomini, lavoratori, pensionati, giovani, militanti della Cgil e di tante associazioni democratiche e antifasciste, pacifiste, ambientaliste, femministe.

Non basta riempire le piazze, perché le piazze come dimostra anche il 7 ottobre, le riempiamo con la nostra gente e il nostro colore rosso e non solo: occorre di più per supplire ad una politica sorda, assente e debole.

Ci vuole ora lo sciopero generale per continuare il percorso, difficoltoso ma necessario, per una Cgil riferimento e speranza per milioni di persone, soggetto generale di rappresentanza sociale, non a caso sottoposto a un violento attacco mediatico.

Sciopero generale come risposta condivisa nelle nostre assemblee, perché le condizioni di vita e di lavoro impongono di continuare la mobilitazione. Sciopero generale, possibilmente unitario, per spostare i rapporti di forza nel paese tra capitale e lavoro e far riprendere alla classe lavoratrice il ruolo dirigente che le compete, per la conquista del cambiamento radicale, economico, sociale e politico di cui c’è bisogno. Sciopero generale per la pace, contro un’Italia e un’Unione europea piegate a un atlantismo ideologico subalterno agli interessi Usa.

Giustamente, la Cgil, dopo la grande manifestazione del 7 ottobre, sta dando continuità alla mobilitazione, rispondendo al bisogno espresso dal popolo della Pace, del mondo del lavoro, dei pensionati, delle donne e dei giovani, intensificando la mobilitazione e avviando anche con la Uil, una campagna di scioperi di otto ore fino allo sciopero generale di cui vanno create tutte le condizioni e che va fatto riuscire.

Sono chiare le responsabilità di Confindustria e delle associazioni padronali chiuse nei propri miopi interessi e contrarie nel Cnel ad una legge sul salario minimo.

Per questo bisogna riportare al centro anche lo scontro con il padronato, rafforzando la contrattazione nazionale e aziendale, categoriale e sociale. Tutte le categorie impegnate nel rinnovo dei contratti nazionali devono passare rapidamente alla lotta.


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