Sandro Mazzinghi, campione di popolo - di Nino Frosini

Il 22 agosto è morto Alessandro Mazzinghi, nato nel 1938, Campione del Mondo dei pesi medi junior (1963-1965 e 1968-1969) e Campione d’Europa della stessa categoria (1966-1968). Sandro Mazzinghi è stato un pugile di straordinaria levatura e di grande popolarità.
In quell’Italia degli anni ’60, che poi Gianni Minà avrebbe definito “mitici”, dette vita insieme a Nino Benvenuti a un duello del tutto simile a quello che nel ciclismo aveva ferocemente contrapposto Bartali a Coppi e nel calcio, in modo assai più levigato, Mazzola a Rivera.
Era l’Italia in bianco e nero dei ragazzi con le magliette a strisce, come li chiamò Togliatti, che a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, scesero in piazza contro Almirante che proprio lì avrebbe voluto svolgere il congresso missino, e in altre mille piazze andarono poi a protestare contro Tambroni o contro l’arrivo di Ciombé, il servo che prestò faccia ed opera per cancellare la vita e gli atti di Patrice Lumumba.

Ecco, in quegli anni dove Canzonissima, Sanremo e il Cantagiro fermavano borghi, paesi e metropoli, Sandro diventò campione e popolare come pochi altri personaggi sportivi dell’epoca.

Di lui, commentandone una prestigiosa vittoria, scrisse sull’Unità Giuseppe Signori - una delle più grandi penne che mai si sian bagnate d’inchiostro per parlare di boxe e di sport raccontandoci del mondo: “ (…) Sandro, quando lo hai addosso è come un lontano bombardamento notturno d’estate e chi ha avuto sventura e mantiene memoria sa bene cosa dico, quando dalla finestra aperta più del caldo insieme ai bagliori entra il sordo, continuo, incessante tuono cupo delle bombe. Non basta girare la testa di qua e di la per trovar pace. Questa, poi, arriva solo insieme al sonno. Un sonno sfinito. Un sonno nero e pesante come il piombo. Come quello in cui è scivolato, il francese dei Pirenei l’invitto Gonzales. L’uomo dei k.o. messo kappaò dalle bombe notturne di Mazzinghi (...)”.

Sandro era nato a Pontedera ed è morto nella sua bella casa a Cascine di Buti, amato e confortato dalla moglie, dai figli e dalle tante persone che gli han voluto bene. La sua fu una vita dura e difficile ma da ogni drammatico snodo, come la morte della giovanissima prima moglie in un terribile incidente la notte di S. Silvestro, riuscì a venirne fuori a testa alta.

Fu “campione del popolo”, per quel che di buono ci può essere in una simile definizione, nel senso che non riuscì mai a essere diverso, nel profondo e in superficie, da quanto in lui era stato forgiato dal “suo” contesto sociale di nascita e formazione.

Una volta, quando ebbi in sorte la fortuna di chiedere ed ottenere la sua disponibilità a candidarsi nelle liste del Partito dei Comunisti Italiani per le elezioni comunali di Pontedera, mi pare corresse l’anno 2004, nel corso di una chiacchierata a ruota libera mi disse “… sai, quando andavo in televisione erano in tanti a dirmi di stare attento a come parlavo… a come dicevo le cose, anche perché Benvenuti era un gran parlatore, non sbagliava mai una parola, sempre con un accento elegante… invece io sai, io di “spizzio” ‘un ho mai parlato, però mi son sempre fatto intende’, dalla mi’ gente e da quell’artri ...” . Ecco, appunto, gli altri. Gli altri erano Benvenuti, pugile sopraffino dotato di un colpo alla dinamite, sia nel gancio sinistro che nel diretto destro e la sua gente. I “signori”. Quelli tutti perbenino e importanti. Cantanti, attori e … impiegati, sì, “… perché alla Piaggio l’operai son tutti “mazzinghiani” invece all’impiegati ni garba Benvenuti”.

Ma gli altri erano anche i vertici della Federazione Pugilistica che lo obbligarono a fare anticamera quando c’era da tentare la riconquista del mondiale, cosa poi avvenuta puntualmente contro Kim Soo Kim nel corso della più feroce battaglia mai vista su un ring italiano, o che lo costrinsero alla difesa ufficiale del medesimo contro l’americano F. Little dopo solo tre mesi “…quando invece avrei avuto bisogno perlomeno di sei mesi per ricaricare le batterie…”.

Ma d’altra parte il “cuore” della F.P.I. batteva per Benvenuti, il bel triestino patriottico e fascisteggiante, perché “... perseguitato dai partigiani comunisti di Tito fui costretto a fuggire dalla mia terra”. E il presidente della federazione era Franco Evangelisti. Quello che quando Alighiero Noschese, il re degli imitatori di quel tempo, impersonava il potentissimo Andreotti, faceva la parte del suo braccio destro. Nel senso che sulla manica destra della giacca del finto “divin Giulio” c’era stampigliato proprio il nome di Evangelisti. Del resto, i famosi fratelli Caltagirone, faccendieri e palazzinari democristiani, come risultò da molteplici testimonianze e intercettazioni, eran soliti rispondere all’illustre andreottiano con un ossequioso “… a Fra’. che te serve? te dicce che noi stamo qua”.

Infine, per sottolineare una volta di più l’immensa e capillare popolarità di Mazzinghi, ancora un ricordo personale. Questa volta legato al racconto di una bella ragazza. La più bella e disinibita del mio paese. Molto più grande di me, che ascoltai raccontare (ai suoi coetanei… non certo al sottoscritto, purtroppo…) “… insomma pioviscolava e la Sita non arrivava. Allora si avvicina questo e mi fa “o signorina piove a dirotto se, vuole, ho qui la macchina - una Seicento nuova di “trinca” - l’accompagno a casa. Io lo guardo male e lui “oh! ma cosa crede? Io sono una persona perbene guardi, sono il fratello di Mazzinghi...”; ora, fratello di Mazzinghi un’era davvero, ma un ragazzo ammodo sì. Sicché mi feci portare a casa e per tutto il tempo mi raccontò del su’ fratello immaginario…”.

Grande Sandro. Insieme a tanti altri meno famosi di lui, espressione di un mondo che non c’è più. E ora non c’è più nemmeno lui.

Addio Sandro.


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