Infortuni e malattie professionali: a Padova numeri spaventosi - di Michele Martinello

“Prima la Vita, poi quello di cui c’è bisogno per vivere e quindi il lavoro”; queste sono le parole con cui il segretario della Cgil di Padova, Dario Verdicchio, ha aperto un’intervista televisiva a cui era stato invitato per parlare di Salute e Sicurezza.

I numeri che ci raccontano di morti bianche fanno impressione: una strage senza fine su cui la CGIL da anni si impegna ma senza trovare l’ascolto fattivo (non quello fatto da slogan ma da fatti concreti) delle imprese e delle istituzioni. Oltre alle morti bianche, negli ultimi anni sono aumentati anche le malattie professionali e gli infortuni che provocano anche menomazioni e conseguenti inabilità al lavoro.

Il numero degli infortuni è salito nel Veneto del 24% dal 2021 al 2022 (a Padova, la provincia dove abito del 13%) mentre per quanto riguarda le denunce di malattie professionali Padova è capofila con il 22% contro il 15% della regione.

Vorrei articolare il mio ragionamento partendo da questi numeri in quanto si tende, sia sui giornali che in televisione, a raccontare solo della tragedia, dell’infortunio mortale, trascurando gli altri infortuni e le malattie, causate, spesso, dalla maniera non corretta di svolgere il proprio lavoro.

La legge c’è ma spesso non viene applicata correttamente; questo a causa dei ritmi frenetici e dai carichi di lavoro imposti nel periodo successivo alla pandemia, forzati per recuperare quelle quote di produttività perse durante la crisi sanitaria. Questa corsa alla produttività ha avuto come conseguenza l’incremento del numero di infortuni e di denunce di malattia professionale.

Queste malattie, che a volte non vengono riconosciute dall’Inail, creano un incremento del numero di persone che hanno bisogno di assistenza medica, con la conseguenza di sovraccaricare il sistema sanitario pubblico, a cui mancano risorse e personale rendendo difficile ottenere cure adeguate.

Nel settore del commercio abbiamo diversi comparti che devono sottostare a ritmi altissimi e carichi di lavoro pesanti, basti pensare alla GDO e MDO in cui la velocità è una delle prerogative di chi svolge l’attività in cassa oppure al banco della gastronomia. Chi invece svolge attività di carico e scarico della merce in magazzino non si ferma a verificare se il peso movimentato rispetta la normativa e spesso si sottopone a sforzi eccessivi e ingiustificati, con conseguenze sanitari facili da intuire.

Se poi analizziamo ciò che accade nel mondo dei servizi, le condizioni di chi lavora nel servizio della ristorazione, del pulimento e alberghiero sono ancora peggiori e foriere di pericoli, a volte nascosti, per la salute. In questi settori, in cui gli appalti sono la forma di gestione delle imprese più frequenti, il nuovo codice degli appalti ha creato maggior precariato e con questo anche minore attenzione alla salute e sicurezza da parte dei lavoratori, con la conseguenza che l’incidenza di malattie professionali, come dicevo prima solo apparentemente meno gravi, aumenta.

Gli organismi di controllo, Ispettorato e Spisal, stanno riducendo gli organici in quanto il personale che termina la propria attività, per raggiunti limiti di età, non viene sostituito. Infatti, nei concorsi si presentano poche persone e, prendendo ad esempio Padova, la mia città, nel concorso del 2022 dei diciassette posti disponibili solo sei sono stati occupati. Quello dell’ispettore è infatti un lavoro di scarso interesse a causa sia degli aspetti logistici personali (spesso bisogna trasferirsi di sede e di abitazione per lavorare), che del salario, poco motivante.

La Regione Veneto aveva sottoscritto con tutte le parti sociali, compreso il sindacato, un piano triennale (2021–2023) che doveva, entro il 2022, garantire ed aumentare gli organici necessari: questo accordo non è stato rispettato e ancora non si fa nulla per realizzare l’obiettivo di assunzioni, indispensabile per poter assicurare controlli puntuali ed efficaci nelle aziende della provincia.

Cosa fare quindi per sopperire a queste inefficienze? La sola ancora di salvezza a nostra disposizione è legata all’attività dei Rappresentanti dei Lavoratori (RLS) o i Rappresentanti dei Lavoratori Territoriali (RLST), che devono impegnarsi a vigilare e segnalare, alle figure responsabili della Sicurezza in azienda (Datore di Lavoro, Servizio di Prevenzione e Medico Competente), i rischi che si riscontrano, attivando anche la collaborazione con i colleghi e i preposti aziendali.

Fare rete tra gli RLS, sia dello stesso settore che in maniera più ampia ed estesa, può essere utile per avere uno scambio di idee e di soluzioni utilizzate e cercare di aumentare la sicurezza nel proprio posto di lavoro.

Quando ero piccolo, mia madre mi diceva sempre: “Se c’è la salute si può affrontare qualsiasi difficoltà che la vita ci pone”; e questo è stato sempre il mio dogma. Dopo essere stato eletto RLS nel 2017, ho capito che per mantenere la salute mia e dei miei colleghi dovevo impegnarmi a far rispettare il Decreto Legge 81/08, segnalando ed evidenziando situazioni di rischio presenti nell’azienda in cui lavoro: perché soltanto così, di fronte alle carenze di un sistema inefficace e privo delle risorse indispensabili, avrei potuto ottenere dei risultati.