NoTav, un movimento popolare

Dalla Val di Susa a Palermo, passando da Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Cosenza, perfino a Trento, a Pesaro e ad Urbino: la protesta No Tav ha percorso l’Italia da nord a sud l’11 aprile scorso, giorno in cui al cantiere di Chiomonte i proprietari dei terreni dell’ultimo allargamento dell’area sono stati convocati dalla Lyon-Turin Ferroviaire (Ltf) per determinare gli indennizzi legati all’esproprio delle loro proprietà. Questo semplice dato di cronaca segnala una volta di più la natura popolare di un movimento che ha ben chiari gli assi cartesiani della sua azione.
“In un momento di crisi come quella che stiamo attraversando – esemplificano al riguardo i No Tav marchigiani - sperperare così tanti soldi pubblici sembra convenire solo a pochi, mentre la maggior parte della popolazione soffre e soffrirà per i tagli che le ‘manovre’ e le ‘riforme’ stanno già mettendo in atto. Crediamo che sia più giusto utilizzare questi fondi per investire nel lavoro, nella sanità, nel sociale e in un modello di sviluppo che tuteli l’ambiente e le comunità. Fin quando ci sarà una politica asservita agli interessi dei grandi capitali e che non tutela i bisogni delle popolazioni, saremo sempre pronti a scendere in piazza a fianco di chi lotta. Questa secondo noi è la Resistenza di oggi”.
Di fronte all’ultimo appello del movimento No Tav (“In ogni ospedale che chiude, in ogni scuola che va a pezzi, in ogni piccola stazione abbandonata, in ogni famiglia che perde la casa, in ogni fabbrica dove il governo Monti regala ai padroni la libertà di licenziare chi lotta, ci sono le nostre ragioni”) e alla risposta collettiva che ne è seguita, continua a destare profondo stupore la risposta delle istituzioni: in Valle Clarea l’inizio dei lavori per il tunnel preliminare vede gli operai protetti da recinzioni, filo spinato, muraglioni e reparti delle forze dell’ordine. Una militarizzazione del territorio paragonabile a quella che avvenne durante la costruzione del “muro della vergogna” fra Israele e Palestina, solo per restare agli eventi di questo primo scorcio di secolo. Va da sé che, in aggiunta agli ingentissimi costi dell’opera, andranno messi in conto quelli altrettanto pubblici per l’apparato di sicurezza nei sette ettari del cantiere di Chiomonte, dove l’inizio degli scavi è previsto entro l’estate, per lavori che dureranno almeno quattro lunghi anni.
Guardando al gesto della valsusina Marisa Mayer, che alla bella età di 67 anni si è incatenata per protesta dentro il cantiere, l’unico paragone possibile per il movimento No Tav è quello dei movimenti per l’acqua pubblica, che hanno catalizzato sulle loro (sacrosante, ndr) richieste milioni di donne e uomini di ogni età e condizione sociale, in ogni angolo della penisola. Fino a convincere la maggioranza degli italiani, e superare nel giugno scorso quel traguardo che sembrava inaccessibile del 50,01% di partecipazione al referendum.

Riccardo Chiari


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