L’intervento di Andrea Montagni al seminario nazionale di Lavoro Società in FILCAMS-CGIL, 25 febbraio 2022
Nonostante la pandemia, con un anno di ritardo rispetto ai tempi voluti, abbiamo fatto in questi 3 giorni una bella e partecipata iniziativa, aperta a tutte e tutti, plurale come la CGIL che vogliamo, rivolta a tutta la sinistra sindacale della CGIL, che pure non riesce mai a trovare la strada dell’unità e quando sembra averla trovata, come nella cosa fatta a Livorno in ricordo di Bruno Rastelli a gennaio del 2021 e promossa dai compagni della RSU CGT/CLS, manda tutto in cavalleria, anche per responsabilità soggettive nostre. L’unità è il frutto anche di occasioni, se si perdono non è detto si ripresentino.
Soffriamo nel vedere una CGIL che si perde nelle pastoie burocratiche e che non riesce a tradurre in azione il sindacato di posto di lavoro, di strada, che sia capace di organizzare l’insieme del lavoro subordinato e di riunirlo sulla carta dei diritti, che quasi nessuno più nomina! Con quanta soddisfazione abbiamo accolto la decisione di fare lo sciopero generale il 16 dicembre, pur sapendo che sarebbe stato uno sciopero difficile e fatto dalla parte la più politicizzata e dinamica del mondo del lavoro, ma consapevoli che saremo tornati a parlare al paese. E ora ci chiediamo perché, invece di dare continuità, ricadiamo nel tran-tran. La segreteria Landini ha restituito fiducia e speranza nei lavoratori, ma la fiducia non è a tempo illimitato. Abbiamo fatto bene a sostenere con lealtà Landini e la linea politica del Congresso. Ora tocca a tutto il gruppo dirigente il dovere della coerenza!
Cosa sarebbe se la CGIL finisse irretita di nuovo in quelle maglie da cui iniziò a liberarsi nel 2002 e che con lo sciopero del 2014 ci ha liberato dalla subalternità ad un partito che via via si è allontanato dalla sua rappresentanza primigenia, il mondo del lavoro, per avvicinarsi al liberismo politico, economico e sociale? Al prossimo congresso, quelle spinte si rifaranno forti. Sarà una sfida da accettare: rafforzare l’autonomia della CGIL, renderla indipendente dai partiti e dal quadro politico, per contribuire a ricostruire una sinistra laburista e anticapitalista!
Avremo, altre occasioni di incontro perché sono ancora “il presidente”, ma il passaggio fattuale di testimone all’Assemblea generale di organizzazione di categoria, quando ha preso la parola Federico Antonelli (che non fa parte ancora della AG e del CD) dà il segno del rispetto da parte di tutta la FILCAMS-CGIL delle nostre scelte politico/organizzative. La relazione di martedì rafforza questa considerazione; un contributo di respiro di prospettiva, ma anche di indicazioni.
Abbiamo detto che in CGIL le generazioni si incontrano e non si rottamano, ma si contaminano. Il nostro rinnovamento deve investire sui giovani, ma senza falsi giovanilismi: il patrimonio di sapere e di esperienza non si rottama, perché fare il sindacalista presuppone un agire verso gli altri carico di esperienza e di responsabilità. Abbiamo ritenuto prematuro puntare direttamente al salto ampio generazionale e ci siamo accontentati, lo dico con ironia, di saltarne una sola (di generazioni). Un buon segnale comunque. La CGIL non è il sindacato dell’io o del mio. E’ il sindacato del nostro e del noi. Come diceva il bello slogan del congresso FILCAMS: la CGIL è collettiva!
Grandi cose attraversano i nostri percorsi e ci legano.
Sono i valori: l’umanità, la fraternità, l’uguaglianza, la solidarietà di classe, la lotta per una società di liberi e uguali, ma ci lega ma ci unisce anche l’odio di classe, della guerra, del fascismo, dell’oppressione degli uni sugli altri, degli uomini sulle donne, del razzismo; ci legano una memoria condivisa, partigiana che appartiene alla storia e alla cultura del movimento operaio; una teoria come guida per l’azione perché non esiste una strada del cambiamento e del rovesciamento dell’ordine di cose esistente senza una teoria rivoluzionaria. Il marxismo non è una dottrina vuota e conchiusa. E’ una cassetta degli attrezzi sottoposta alla verifica costante del metodo scientifico, che ha confermato la sua validità, che serve tuttora descrivere la società complessa nella sfera dell’economia e della composizione di classe. Ci lega l’esperienza comune del lavoro sindacale e il fatto di riunirci, discutere, socializzare le nostre esperienze a partire da un sentire comune. Bisogna essere rossi ed esperti. Essere esperti è una qualità che si costruisce con lo studio e l’esperienza, ma l’essere rossi è una qualità che bisogna avere prima e che non bisogna smarrire mai. Non servono sindacalisti che non siano rossi!
Senza l’aggregazione di Lavoro Società e una più ampia e organizzata sinistra sindacale sarebbe più povera la CGIL tutta. È indispensabile, anche al nostro interno, rompere gli steccati, favorire il confronto aperto delle idee e delle esperienze, produrre una cultura nell’agire sindacale in grado di coinvolgere e far crescere le delegate e i delegati. Il pluralismo delle idee, delle opinioni e delle posizioni sindacali rimane imprescindibile e vitale per un’organizzazione democratica e di massa come la CGIL, forte di quasi sei milioni di iscritti, e ne costituisce risorsa e ricchezza fondamentale. E dentro il quadrato della CGIL, la FILCAMS con i suoi 589.030 iscritti, e noi con essa, possiamo esercitare un peso notevole!
E’ l’universo mondo, nell’epoca dell’imperialismo, il terreno di contesa tra le classi e la comprensione di quella complessità ci dia ragione anche delle specificità. Si parte dal mondo, si arriva all’Italia, alla politica interna, alle contraddizioni sociali e si chiude il cerchio con l’analisi minuta delle controversie sindacali.ma nel quotidiano si procede al contrario, l’esatto contrario!, ricordate bene: si parte dal cambio vestiario, dagli orari di lavoro, dal salario per arrivare una volta acquisita la fiducia dell’interlocutore a parlare dell’universo mondo. Questa è la prospettiva e questo il legame che dobbiamo sempre avere presente.
Tutte le grandi questioni che attanagliano l’umanità: l’ambiente, la povertà e le malattie, la crisi energetica, le minacce crescenti di guerra, il destino dei singoli popoli dipendono dallo scenario internazionale: la crescita del prezzo di alcune materie prime è determinata dal contrasto tra USA e Russia, così come il prezzo del petrolio fu il sintomo di un primo tentativo negli anni 70 di autonomizzazione dei paesi produttori dallo strapotere delle multinazionali. Ma se ricordiamo che il motore della storia è la lotta di classe, possiamo guardare a questi scenari anche con una iniezione di fiducia, la stessa che ci anima, come movimento operaio organizzato internazionale dal 1848!
Per la mia generazione, le vie della militanza sono state due: la prima, soprattutto per gli operai, i braccianti, i contadini poveri, condannati fino al 1967 a frequentare le scuole di avviamento e prima ancor spesso ad interrompere gli studi in II o V elementare, quello dell’avviamento precoce al lavoro, Quella via è stata la combinazione tra le condizioni di lavoro e la presenza di un forte partito comunista e di un sindacato che al lavoro riconoscevano dignità e che fornivano una scuola a tutti questi lavoratori. Altri sono arrivati dal Sud contadino con alle spalle la miseria atavica di quelle terre. Compagni che ancora ala fine degli ani 70 arrivavano senza titolo di studio, ma con la forza e la capacità e la sofferenza di riempire le fabbriche i cantieri di un paese in pieno sviluppo. Altri come me, hanno avuto la fortuna, la fortuna per noi, non per chi suo malgrado ha dovuto farci capire, di incrociare un fermento di idee che partiva dalle università, travolgeva gli steccati e che nasceva da un fenomeno internazionale la cui origine era in un paese del sudest asiatico, il Vietnam: un piccolo popolo affrontava la più grande potenza del mondo. Assieme a quella eco arrivavano anche quelle dei giovani dei campus universitari americani che non volevano andare in guerra e dei giovani cinesi che rimettevano in discussione il mondo socialista. Anche noi abbiamo incontrato la sinistra comunista, anche se non tutti il PCI.
L’internazionalismo ha pesato a tal punto sulla mia formazione politica che, grazie anche al fatto di essere stato per tre anni redattore esteri del quotidiano Lotta continua. Per tre anni ho incontrato sconosciuti militanti, compagne e compagni poi caduti nella lotta per la libertà in Cile, Etiopia, Panama, Palestina, ma anche qualcuno che poi è diventato leader politico nel suo paese. Grazie alla CGIL e alla sinistra sindacale ho partecipato a partire dagli anni 90 alle riunioni europee, che hanno portato alla costituzione della Rete sociale dei sindacalisti europei che si riunisce due volte l’anno, promossa da Alternativa sindacale, la FIOM e lGMetall e la DGB dell’Assia. Ho fatto parte della prima delegazione della CGIL, quella fiorentina, che si recò in Cina dopo l’interruzione dei rapporti tra CGIL e ACTU, ho partecipato ad un congresso della CES a Siviglia e per più volte ad incontri con sindacalisti statunitensi nell’ambito del New Left forum di New York. La CGIL prima e la FILCAMS, poi, mi hanno delegato a rappresentarle in organismi del dialogo sociale europeo.
Ho fatto tutta la trafila da militante professionale, dai 17 ai 28 anni: ho sacrificato, senza rimpianto alcuno, anni di studio, l’università, legami personali importanti; ho avuto la sorte, grazie a Sandro Pertini ed ad una sua amnistia, di non portarmi dietro le conseguenze di alcune scelte che rifarei senza batter ciglio e che mi avevano portato a subire condanne penali e numerosi procedimenti, per attività antifasciste militanti, Scegliemmo con un altro gruppo di compagni, noi che venivamo dall’estrema sinistra, che tutti avremmo cercato un lavoro e che avremmo militato nella CGIL perché, correva l’anno 1978, era l’organizzazione – che sebbene egemonizzata dai revisionisti ereditava e raccoglieva le migliori tradizioni di lotta del proletariato italiano. E’ stata la ragione principale della mia milizia sindacale che occupa due terzi della mia vita, e – nelle mie intenzioni – mi accompagnerà alla sua fine. Ancora oggi, abbiamo bisogno di attivisti sindacali di grande qualità che possano gradualmente assumere la guida principale delle organizzazioni sindacali e quindi cambiare le loro politiche dall'interno per rappresentare meglio i diritti e gli interessi della classe operaia e di tutti i lavoratori. Questa è la soluzione. Voi mi siete stati sodali in questa lotta di lunga durata e se raccogliete il testimone della mia generazione dovrete proseguire, soprattutto quelli che tra voi, che per capacità e meriti, ma grazie ad un lavoro collettivo, sono entrati a far parte degli apparati sindacali: siete lì per i lavoratori e con quell’obiettivo. Questa è la nostra bussola d’orientamento. Tenere la schiena dritta e camminare eretti, non accettare né blandizio, né ricatti, non solo da parte dei padroni, ma anche…
Ero tra i rivoluzionari professionali e passai da un lavoro all’altro cercando oltre che un sostentamento di vita anche un posto di lavoro dove poter fare lavoro sindacale, perché lavoro nero e precarietà c’erano anche allora, ma c’era lo Statuto dei lavoratori e l’articolo 18, nelle aziende con più di 15 dipendenti.
E’ così che sono entrato in Esselunga, finalmente iscritto alla CGIL e sono diventato rapidamente delegato! Lì è stata la mia prima scuola di lavoro di massa. Mentre ero disoccupato avevo fatto anche dei concorsi, risultai idoneo ad alcuni e optai per l’università. Appena entrato cercai la CGIL e mi iscrissi. Mai avrei pensato che 6 anni dopo - con una mozione alternativa – sarei stato eletto Segretario generale catapultato direttamente dalla scrivania della Biblioteca della Facoltà di Magistero. Di mezzo c’erano stati il movimento dei consigli del 1984 contro il taglio della scala mobile e anni di confronto dentro la CGIL, Sono orgoglioso di aver apposto la firma del primo contratto integrativo della storia delle Università italiane. Ottenemmo poco, rispetto alle rivendicazioni, ma aprimmo una strada costruita con un percorso democratico e partecipativo.
Poi ho fatto la trafila confederale, sempre militando nella sinistra sindacale. Sono stato in segreteria nazionale del Sindacato università, in quella della camera del lavoro fiorentina, per due volte, nel 1991 e poi dal 2002 al 2008; sono stato segretario della CGIL Toscana dal 1993 al 2002. Negli anni fiorentini e toscani sono stato protagonista di un buon accordo regionale di delegificazione del mercato del lavoro, “buono” perché limitava i danni, e di contrattazione sociale nei Comuni di Firenze, prima, e Sesto fiorentino poi.
Ho fatto parte dal 1991 al 2006 del CDN nazionale della CGIL e ho continuato ad essere invitato successivamente nelle mie qualità di componente degli organismi di garanzia della CGIL.
Al momento della domanda di pensione mi sono iscritto allo SPI-CGIL.
Farò parte fino a quando non si deciderà altrimenti del vostro direttivo nazionale e fino al congresso del Comitato di garanzia nazionale confederale.
Ritengo giusto, come è costume dei comunisti, fare un bilancio della mia esperienza in FILCAMS-CGIL e di farlo pubblicamente.
Il lavoro di questi 10 anni ha consolidato le responsabilità che avevo verso tutte e tutti voi. All’inizio ho avuto un po’ di problemi: venivo dalla CGIL e in FILCAMS era diffusa l’idea che Corso Italia fosse soltanto un cimitero di elefanti e in più, mentre imperversava la politica del rinnovamento ero “vecchio”, sebbene avessi un anno meno del Segretario generale. Pesavano le lacerazioni della sinistra sindacale che in FILCAMS-CGIL si era spaccata e in segreteria con qualche ritardo era entrata una compagna che pure aveva rotto non solo con noi, ma anche con il segretario precedente. Ho usato i primi due anni per costruire una rete per il congresso successivo. Senza di voi e senza questo lavoro collettivo oggi non saremmo qui.
Ma, il lavoro sindacale non è solo lavoro politico e organizzativo. E’ per l’appunto lavoro sindacale.
Ho cercato di costruire sempre un rapporto con i delegati e le organizzazioni sindacali territoriali, e di questo vado orgoglioso, Ho firmato il primo CIA della Jungheinrich Italia, ho gestito ristrutturazioni dolorose e complesse, anche chiusure, in grandi gruppi multinazionali; ma solo sulla base di accordi di licenziamento volontari. Abbiamo registrato proprio in questi giorni una vittoria in sede giudiziale: la Cassazione ha riconosciuto il diritto della CGIL ad organizzare i lavoratori delle basi USA. E’ una tappa importante per quei compagni che si esposero iscrivendosi alla FILCAMS-CGIL cui va ancora il mio affetto e la mia gratitudine, ad essi il compito di riorganizzarsi e ricominciare a tessere la tela!
Ma in questi anni ho sentito il peso di alcune sconfitte: la prima, di non essere riuscito a firmare dopo 8 anni, il ccnl dei lavoratori dell’acconciatura. Di fonte al ricatto di inserire nel contratto figure professionali valorizzate in altri contratti, ci siamo impantanati e non sono riuscito a trovare una via d’uscita anche se credo che abbiamo fatto bene, guardate i problemi che hanno ora FIOM e FILLEA sulla qualifica di restauratore; la seconda non essere riuscito a regolarizzare contrattualmente la figura dei diffusori dei volantini porta a porta, nemmeno attraverso la porta d’ingresso dei multiservizi, condannandoli alla precarietà più totale, perché il contratto firmato da FILCAMS-FISASCAT e UILTUCS è finito nel dimenticatoio, anche nostro; la terza non essere riuscito a fermare lo strazio e la vergogna della Consulmarketing Italia, lavoratori a cui la FILCAMS-CGIL aveva assicurato la dignità di una emersione verso il contratto del commercio e che alla fine hanno pagato il prezzo della dignità con la perdita dopo anni di lotte del posto di lavoro o il rientro nella precarietà. E infine, non essere riuscito, quando la FILCAMS-CGIL mi ha indicato come reggente a Catania a ricostruire l’unità della categoria (che forse era impresa impossibile) ma neppure a correggerne alcune storture organizzative, e alcune compagne e compagni che ebbero fiducia nel mio impegno a ricostruire anche con loro l’unità, accettando di fare un passo indietro, si sono ritrovati emarginati.
Non sta a me trarre le conseguenze di questo bilancio. Qui finisce l’io e ricomincia il noi. Sta a voi mettere meriti e demeriti sul piatto della bilancia, anche se andando in pensione vi ho sottratto lo strumento principe di verifica, una volta discusse a viso aperto, (mi raccomando aperto!) le questioni: il voto segreto nell’elezioni degli organismi dirigenti. Anche se ora pare di no, il voto segreto è l’essenza di una votazione democratica e senza condizionamenti, ovunque.
Abbiamo di fronte una situazione difficile, trionfano egoismo, qualunquismo, i valori fondanti della nostra democrazia repubblicana sono in crisi. Ma continuiamo ad avere di fronte a noi un futuro radioso, se i lavoratori divengono padroni del loro destino, se si emancipano dalla superstizione, dallo sfruttamento e dalla miseria materiale e spirituale. La lotta per una società di liberi e uguali alimenta concretamente questa prospettiva, Vale la pena farla, anche per se stessi, non solo per gli altri. La vita del militante è un servizio, una missione laica, ma è anche una vita piena, ricca; consente di affrontare con maturità tutte le prove della vita. La consiglio anche oggi. Tornassi indietro ricomincerei, E non ho nessuna intenzione di smettere.
Vi abbraccio e vi voglio bene.