Sulla spinta della pressione popolare, lo scorso anno Pierluigi Bersani schierò il Pd a sostegno dei referendum. Dodici mesi dopo, l’unica iniziativa dei democratici in materia è stata l’opposizione al progetto del sindaco capitolino Alemanno di vendere il 21% della municipalizzata dei servizi pubblici Acea, di cui il Comune di Roma detiene solo il 51% mentre il 49% restante è in mano a soci privati o fluttuante in borsa. Questa è solo la più evidente contraddizione del più grande partito italiano in tema di acqua pubblica, visto che Acea fa parte delle spa del servizio idrico in alcune importanti regioni italiane, Toscana in primis, e quindi gode del profitto garantito del 7% netto annuo sui suoi “investimenti”. Con un guadagno che, in soli dieci anni, arriva al 50% del finanziamento iniziale. Sul punto, la mancata applicazione dei risultati del referendum si sta riflettendo in un tragicomico scaricabarile. Il governo Monti non è intervenuto sul Parlamento ma ha scritto alle Regioni, chiedendo loro “di riordinare complessivamente la gestione del sistema idrico italiano, dando attuazione al referendum del giugno scorso, come espressamente indicato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 26/2011”. Il risultato è stato modestissimo: al momento solo l’Ato 7 del Veneto ha deliberato di scorporare il 7% in bolletta, mentre a Napoli la Arin spa è diventata Consorzio pubblico Abc, con gli utili del servizio idrico che saranno reinvestiti e le tariffe adattate al reddito degli utenti. Per il resto, silenzio di tomba o quasi, visto che gli amministratori locali chiedono a loro volta che sia il governo centrale a regolare la materia. A dimostrazione della mancanza di una volontà politica in sintonia con i risultati del referendum, come rilevano perfino gli storici fautori – vicini al Pd - di una gestione “privatistica” dei servizi pubblici: “Poco più di un anno fa un referendum ha cancellato la remunerazione del capitale investito nella tariffa idrica – dice ad esempio Alfredo De Girolamo del Cispel Toscana - dopo un anno ancora niente è stato fatto”.
Riccardo Chiari