La battaglia per i diritti e lo sciopero generale

La recente decisione del governo di porre la fiducia al Senato sul ddl sul mercato del lavoro rispecchia il segno antipopolare delle sue politiche. E' evidente il segno avverso al mondo del lavoro, in parallelo al condizionamento – attraverso un sistema di ricatti eterodiretti dalla cultura neoliberista in capo al Consiglio d'Europa – dell'attività di partiti e sindacati. Non è un caso che le lotte abbiano subìto un forte arretramento negli ultimi mesi – da quando cioè una maggioranza anomala sostiene il governo 'tecnico' – determinando incertezza e confusione anche all'interno del  movimento sindacale.
Nel merito, i contenuti della riforma del lavoro sono pericolosissimi. Si mantengono le 46 forme di assunzione volute da Berlusconi, perlopiù precarie. Sui contratti a termine per 12 mesi non viene richiesta alcuna causale, sugli apprendisti si mantiene la logica della riduzione del costo del lavoro e non la formazione; sugli ammortizzatori sociali non si segnalano interventi strutturali ed universali. Tutta la filosofia è imperniata a rafforzare l'impresa.
Ed è proprio in questo brodo di coltura che trovano linfa fatti come quello di Rimini: il licenziamento di Antonio Urbinati è intollerabile, tanto più se consideriamo la sua funzione di Rls. Condividiamo dunque la battaglia della Cgil di Rimini e rilanciamo insieme ai compagni romagnoli la grande questione delle tutele individuali e collettive. In questo solco riteniamo necessario attivare il mandato che il comitato direttivo della Cgil ha conferito alla segreteria nazionale per proclamare lo sciopero generale in difesa del lavoro e dei diritti.

Nicola Nicolosi
Segretario nazionale Cgil


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