Esselunga, licenziati per inidoneità alla ‘mansione specifica'. Ma l'azienda perde

Nel mondo esistono Paesi dove lavoratori/ci che scoprono di essere affetti da patologie, magari causate dall’attività svolta - che ne riducono le capacità lavorative - vengono licenziati/e poiché non produttivi al 100%.
In Italia grazie alle lotte dei lavoratori e di chi li rappresenta questo non dovrebbe essere possibile, invece… Succede che in Lombardia, tra il mese di aprile e maggio 2011, Esselunga proceda al licenziamento di sei dipendenti per ‘inidoneità alla mansione specifica’.
Veniamo alla successione dei fatti: dopo la visita del medico competente aziendale, cui sono stati sottoposti i lavoratori, non viene loro consegnato immediatamente il certificato di idoneità lavorativa; così ritornano nei negozi di appartenenza continuando a svolgere la normale attività.
Tanto meno viene inviata ai direttori delle filiali - nei giorni e nelle settimane successive la visita - alcuna comunicazione su eventuali prescrizioni nella loro applicazione.
In seguito, i sei sono convocati in sede, dove sono loro consegnati il certificato dal quale si evince la loro inidoneità alla mansione specifica, la cartella clinica, e, colpo di scena, anche la lettera di licenziamento. Motivata con il loro stato di salute e con la conseguente impossibilità da parte dell’azienda a proporre una ricollocazione.
Con questo comportamento Esselunga pone in essere due violazioni fondamentali del Dl.vo 81/08; la prima consiste nel non dare la possibilità ai dipendenti di poter presentare ricorso avverso al giudizio del medico Asl di competenza(art. 41 co.9 Dlgvo 81/08); la seconda nel venir meno all’obbligo di ricercare una diversa collocazione dei dipendenti all’interno dell’azienda stessa (art. 42 Dlgvo 81/08).
A questo punto per Alessandro, 28 anni, Tania, 23 anni, Paolo, 33 anni, Calogero, 43 anni, Paola, 37 anni, Susan, 41 anni, comincia il dramma nel dramma.
Dopo i licenziamenti gli Rls si mobilitano. Supportati dalle organizzazioni sindacali e in particolare dalla Filcams, che riesce a livello milanese a costruire una posizione unitaria con Fisica e Uiltucs, si organizza un presidio per denunciare il comportamento aziendale e per richiedere il ritiro dei provvedimenti. Nel frattempo viene avviata la procedura per la loro impugnazione.
Il resto l’ha fatto la magistratura del lavoro, stabilendo che il comportamento di Esselunga è stato lesivo dei diritti, confermando quanto l’organizzazione sindacale denunciava. Infatti, su sei licenziati, in due casi l’azienda ha conciliato, corrispondendo loro un risarcimento economico, negli altri quattro si è arrivati a sentenza. E i giudici hanno disposto il reintegro dei dipendenti riconoscendo che Esselunga aveva proceduto a licenziamenti senza giusta causa, non avendo proceduto a ricercare una diversa applicazione lavorativa, né avendo concesso loro di avvalersi di ricorrere contro il giudizio del medico competente.   
La felice conclusione di questa storia, il ritorno in azienda di questi lavoratori è frutto della tenacia di chi ha lavorato, in Filcams Lombardia, sui temi della salute e sicurezza, ma anche di quel benedetto articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che fino ad oggi ha garantito ai lavoratori licenziati ingiustamente di ottenere giustizia nei tribunali.
Se fosse stata già approvata la riforma del lavoro proposta dalla ministra Fornero e sostenuta dai partiti che appoggiano il governo Pdl, Pd e Terzo Polo dove sarebbero oggi questi lavoratori?

Piero Saporito
RSU/RLS Esselunga via palizzi, milano


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