Vince il banco. In politica il banco è il centro. Pierferdinando Casini sceglie Pierluigi Bersani, i moderati abbracciano i progressisti. L’alternativa non c’era. Ricostruire sulle macerie del Pdl sarebbe stato ancora più complicato che far digerire comunisti in una ormai lontana gioventù, come Veltroni e D’Alema, agli eredi di Andreotti e Forlani. La mossa di Casini era prevedibile. Alle esplicite offerte politiche del Pd, l’indiscusso leader centrista aveva già risposto liberandosi all’indomani delle amministrative di alcuni pesi morti. La destra finiana, ma non Gianfranco Fini (che resta uomo per tutte le stagioni). E l’Api rutelliana, formazione di ex democrat (e fra gli ex, si sa, è tutto più complicato), che negli ultimi tempi ha peraltro collezionato brutte figure.
Il centro politico, al di là dei non eccellenti risultati elettorali dell’Udc, resta Casini. Conteso da quanto si muove alla sua destra e alla sua sinistra, è il Montiano doc per eccellenza. Mario Monti attua politiche vicinissime ai democristiani ex inquilini della Casa delle libertà berlusconiana. L’ostinazione di Silvio Berlusconi a restare nel campo della politica è un altro fattore, forse ancor più decisivo, per spingere Casini fra le braccia del Pd. L’ultima volta con il Cavaliere risale ormai al 2006, un’era politica fa, anche se il giovane Matteo Renzi era già presidente provinciale di Firenze. Parlando del sindaco di Firenze, Casini è stato esplicito: è più a destra di me. Ma questa è un’altra storia, questi sono problemi del Pd.
Vince il banco. In politica il banco è il centro. Lo sa bene Gianni Alemanno. Dopo lunghi anni all’ombra del presidentissimo Fini, l’insperato successo alle elezioni comunali nel 2009 ha accresciuto l’autostima dell’antico alfiere della cosiddetta destra sociale. Fino al punto di fargli sognare la leadership del Pdl. Ma non appena gli uccellini del Campidoglio sono volati sugli altri davanzali dei palazzi della politica, trasmettendo il pensiero stupendo del primo cittadino della Capitale, è subito arrivata la reazione della componente centrista del partito (ex?) berlusconiano. Beppe Pisanu, democristiano di lunghissimo corso, convertito alla dottrina del Cavaliere ma sempre su posizioni autonomiste, ha proposto di abbattere le frontiere con il Terzo polo e riconquistare alla causa della destra di governo sia Casini che lo stesso Fini. Fantapolitica? Forse. Al pari del partito di Montezemolo. Ma il dato politico c’è: la crisi del Pdl è conclamata e forse irreversibile. Casini l’ha capito e ne ha tratto le conseguenze. Se il Pd sembra in grado di sopportare l’alleanza con l’Udc, come del resto era nelle cose fin dalla nascita del partito democratico, gli effetti collaterali dell’“alleanza progressisti-moderati” sono destinati a ripercuotersi sulle piccole forze politiche alla sinistra del Pd. Nessuna esclusa.
Frida Nacinovich