Referendum lavoro: tra civiltà e barbarie

Il 13 ottobre inizierà la raccolta di firme sui due quesiti referendari per abrogare l’articolo 8 della manovra di agosto 2011 e le modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori apportate con la controriforma Fornero. La nostra posizione su questi temi è radicata da sempre nella storia rivendicativa della Cgil e nella conquista del diritto del lavoro nel secolo scorso così come la nozione di ‘civiltà giuridica’ scritta con lo Statuto dei Lavoratori nel 1970 e ribadita con trent’anni di dibattiti - nozione secondo cui non si può licenziare un lavoratore senza giusta causa e giustificato motivo. Le cosiddette ‘riforme’ del mercato del lavoro varate dall’attuale e dal precedente governo hanno agito all’insegna dell’inciviltà giuridica e sociale ed è assolutamente necessario intervenire chiamando in causa i cittadini, i lavoratori, i pensionati.
Le fratture nel diritto lavorativo determinate dal governo di centrodestra di Berlusconi prima e dal governo Monti poi, non hanno mai avuto il consenso di ‘Lavoro Società’. Ecco perché, con coerenza, lavoreremo nei prossimi quattro mesi per raccogliere firme sui due quesiti.
Vediamo nel merito. Per quanto riguarda l’articolo 8, è opportuno innanzitutto farlo conoscere. Non è questione da addetti ai lavori: dobbiamo poter spiegare gli effetti di una norma che nasce dall’odio viscerale che l’ex ministro del lavoro Sacconi nutre nei confronti di tutto ciò che “odora di sinistra”. In più, quell’attacco ha rappresentato il tentativo di annullare il contenuto e gli effetti dell’accordo del 28 giugno tra le parti sociali, che riconosceva centralità al contratto nazionale. Inoltre, con quell’articolo si vuole dare forza al contratto aziendale contro quello nazionale, per favorire il sindacato aziendalista contro quello confederale, in un crescendo di animo antisindacale. Per riconsegnare ai contratti aziendali materie importantissime, quali la classificazione e l’inquadramento del personale, le mansioni, la disciplina dell’orario di lavoro, i contratti a termine, i contratti a orario ridotto, il regime della solidarietà negli appalti, il ricorso alla somministrazione di lavoro e la modalità di assunzione e la disciplina del rapporto di lavoro. Infine con quell’articolo si è manomesso lo Statuto dei lavoratori consegnando sempre al livello aziendale la possibilità di definire accordi in merito al recesso dal rapporto di lavoro.
Per quanto concerne l’articolo 18, non abbiamo condiviso la mediazione raggiunta da Casini, Alfano e Bersani, così come non abbiamo condiviso il giudizio favorevole di una parte consistente della Cgil: l’abbiamo considerato un errore politico storico, perchè fa tornare il dibattito giuslavoristico indietro al 1960. Negli anni ‘50 in molte aziende si veniva licenziati solo perchè si era iscritti alla Cgil. Nelle grandi fabbriche venne introdotto un metodo feroce e terroristico, “l’ordine dei cimiteri”, nacquero i reparti confino, la repressione fu forte, si veniva espulsi dalle fabbriche, unitamente alla Cgil. In quegli anni nacque il bisogno della tutela giuridica. C’è qualche somiglianza con tutto ciò che sta avvenendo nella Fiat di Marchionne. Esistono dunque sufficienti elementi per ‘giustificare’ la nostra azione referendaria.
Inoltre l’autonomia della Cgil va difesa, e la difendiamo a partire dalla bontà dei contenuti e dalla forza del nostro programma strategico che è il documento congressuale, il quale si poneva l’obiettivo di difendere lo Statuto dei lavoratori dall’attacco di Berlusconi e Sacconi. Non può essere certo l’anomalia-Monti a modificare la nostra opinione.    
L’idea che si possa essere licenziati anche in presenza di una sentenza che dà ragione al lavoratore (con il giudice che può decidere che basti un indennizzo economico per confermare il licenziamento per motivo oggettivo) fa venire la pelle d’oca: perciò consideriamo le critiche alla nostra scelta di indire i referendum sul lavoro prive di fondamento e lontane dalla storia e dalla cultura della Cgil.

Nicola Nicolosi
Segretario nazionale CGIL, coordinatore nazionale ‘lavoro Società’


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