A luglio di quest’anno su Reds avevamo scritto: “La rabbia, l’indignazione, lo sconforto di fronte alla crisi del Paese, in mancanza di un’alternativa credibile, guardano a movimenti di ribellione confusa o comunque estranei alla cultura e alla storia del movimento operaio o all’astensionismo. Anche tra i lavoratori. Anche tra settori combattivi del mondo del lavoro”. L’esito delle elezioni siciliane conferma questa analisi.
La responsabilità principale di questa situazione ricade sulle forze politiche della sinistra che non sanno, nel Pd, liberarsi dai laccioli della cultura neoliberista che ha prevalso fino alla fine del secolo scorso oppure, nelle forze minori, si sono avvitate in una spirale di scissioni. A quest’ultime rivolgo un appello sincero nella speranza che non scelgano un isolamento psicologicamente rassicurante e politicamente mortale. I lavoratori hanno bisogno di una sinistra che si ponga il problema del governo del paese per cambiare l’agenda politica e sociale e rimettere al centro il lavoro e i diritti.
Ma anche noi della Cgil abbiamo la nostra parte di responsabilità. Dobbiamo riflettere sulla fragilità della nostra azione politica, del nostro farci scudo della debolezza della reazione spontanea, per giustificare la rinuncia a pensare in grande e ad agire con rapidità. Sappiamo da tempo di essere un’organizzazione burocratizzata, ma non troviamo gli anticorpi per restituirci dinamicità nell’azione. Quelli che perdono il lavoro o non lo trovano, che vedono scemare il salario, i cui diritti sono conculcati, la massa dei precari non hanno tempo. Hanno bisogno di indicazioni chiare ora.
Lo sciopero del 14 segni anche questo. Un colpo di reni.
Andrea Montagni