Non era facile trasformare in farsa la fine del biennio montiano. Silvo Berlusconi c’è riuscito, incurante dello spread, delle fibrillazioni dei mercati, dei commenti sconsolati degli osservatori della politica di ogni ordine e grado, eccetto i suoi pasdaran. Il Cavaliere riscende in campo a quasi settantasette anni, Mike Buongiorno, buonanima, avrebbe fatto la battuta “le gambe delle donne!”.
Nella prima giornata gelida di dicembre – ultimo mese dell’ultimo anno del calendario dei Maya – il Pdl si sfila dalla maggioranza. Una mossa talmente prevedibile da lasciare tutti di sale. In crisi di consensi, di idee, con un partito allo sbando che pensava di fare le primarie in due settimane e con una dozzina di candidati, il re di Arcore abbandona il tavolo. La maggioranza che sostiene il governo Monti – la più solida della storia repubblicana – praticamente non c’è più. Pietra dello scandalo una frase di Corrado Passera, che si augurava una felice pensione per il Cavaliere. In realtà sono i dati dei sondaggi a ferir ben più della lingua del ministro alle attività produttive.
Di fronte a un Pdl in caduta libera, il suo fondatore-padrone sceglie di rimangiarsi tutto ciò che aveva detto nei mesi precedenti. La cosa più divertente è la reazione del partito. Sandro Bondi, fedelissimo del Cavaliere, la spiega così, con una piega amara all’angolo della bocca: “O stavano zitti, o tramavano contro di lui. Ora si spellano le mani per il suo ritorno”. Tutti tornati nei ranghi, usi ad obbedir tacendo, con poche, pochissime eccezioni. Talmente poche da confermare la regola: il Pdl non è il partito delle libertà, è il partito di Berlusconi. O con lui, e con la possibilità di essere rieletti in Parlamento, oppure a casa. Per capire la situazione, possono bastare le parole di Angelino Alfano, nominato erede ben prima che il ricco zio se ne andasse dalla scena politica. “Berlusconi mi ha espresso la volontà di tornare in campo da protagonista. E’ lui il detentore del titolo. Le primarie non si fanno perché erano per la successione ma essendoci lui in campo non ha senso farle”.
Le ultime notizie raccontano di un Cavaliere baldanzosamente in sella, pronto a rivolgersi al suo popolo alla prima occasione utile per segnare definitivamente il distacco dal governo tecnico e avviare una campagna elettorale all’insegna dell’anti-montismo. Con la concreta speranza di riprendere il cammino insieme alla Lega di Roberto Maroni, per mantenere saldo il potere nella ricca Lombardia e tentare di diventare l’ago della bilancia almeno in una delle due Camere, ossia il Senato. Per questo motivo la nuova legge elettorale non arriverà in porto: gli irrigidimenti del fedelissimo Gaetano Quagliariello nelle trattative con le altre forze politiche la dicono lunga sul reale obiettivo del Cavaliere. Mantenere il “porcellum” garantirebbe fra l’altro al re di Arcore di poter scegliere uno per uno i candidati. Con un piacevole effetto collaterale. Ascoltare per credere le parole di alcune fedelissime. Per Mariastella Gelmini il Cavaliere è l’unico che può “battere l’asse Pd-Grillo”. Dice proprio così, l’asse Pd-Grillo. Per Mara Carfagna con Berlusconi “sarà tutto più più facile”. L’apice si tocca con la citazione biblica della bolzanina Michaela Biancofiore: “Fiat lux”, esclama, “Berlusconi riporterà la luce nell’asfittica politica italiana”.
Se Berlusconi confermerà le sue intenzioni, sarà difficile per il capo dello Stato Giorgio Napolitano raggiungere l’obiettivo di una fine naturale della legislatura. Pd e Udc parlano con una sola voce: “Berlusconi è un irresponsabile”, dettano alle agenzie di stampa Pierluigi Bersani e Pierferdinando Casini. E soprattutto Bersani - pur fortificato dal successo pieno delle primarie - rischia di venire confuso per sostenitore acritico del governo Monti, che in realtà è stato appoggiato senza alcuna remora dalla sola Udc di Casini. Il Pd ha obbedito a Giorgio Napolitano, il Pdl ha usato Monti perché le politiche non certo popolari del professore bocconiano acquietassero i cosiddetti mercati. Ora cambia tutto. Addio “senso di responsabilità”, via ad una campagna elettorale ancora più spregiudicata e populista di quanto sia successo in passato.
Ignazio La Russa prova a smorzare i toni della polemica: “Noi abbiamo lanciato un segnale, ma non faremo finire in anticipo la legislatura. Questa decisione spetta al presidente della Repubblica e a Monti”. Inizia e finisce qui l’autonomia degli ex An, che pure minacciavano la scissione del Pdl. Prima che la voce del padrone arrivasse forte e chiara. Roberto Maroni, segretario della Lega Nord, invoca la crisi di governo: “Forza Cav, forza Alfano, fuori gli attributi!”. Maroni ha già proposto al Pdl la riedizione di una alleanza elettorale in caso di crisi di governo che ha come sola condizione la candidatura dello stesso segretario del Carroccio alla guida del Consiglio regionale della Lombardia. Naturalmente con l’election day.
Avevano invaso Roma i manifesti della candidata alle primarie Giorgia Meloni. Ora si stingono malinconicamente sotto la pioggia.