Nell’anno di grazia 2013 la politica è social. Per sapere cosa pensa Pierluigi Bersani ad ogni ora del giorno e della notte, basta aver alzato il pollice sulla sua pagina facebook o seguirlo su twitter. Li trovi tutti lì, Silvio Berlusconi e Roberto Maroni, perfino Mario Monti. Messaggi spiritosi, battute garbate, la voglia di essere considerati come piacevoli vicini di casa. Certi argomenti però non si toccano altrimenti il gradimento della rete crolla, come un castello di carte. Eppure sono temi importanti, su cui si gioca buona parte della partita elettorale. Uno per tutti, la patrimoniale. Sull’argomento non sono soltanto i social network ad essere evasivi. Anche sui grandi quotidiani generalisti, sia la patrimoniale che i temi del lavoro vengono nascosti nelle pagine più interne, quelle economiche. Meno si leggono meglio è. Per arrivare a pagina 48, bisogna percorrere tutta la linea della metropolitana.
I social network sono il sondaggio permanente cui i politici affidano le loro proposte. Cinguetti su twitter e posti su facebook, altrimenti non esisti. Sei talmente fuori partita che Matteo Renzi non sprecherebbe un cinguettio per rottamarti. Barack Obama ha vinto le elezioni americane grazie a un team che gli ha curato la community, nel suo piccolo Nichi Vendola era il politico italiano con più follower. Poi è stato scavalcato da papa Ratzinger, che si è lasciato imprigionare dal web (non per caso vuol dire ragnatela). Sotto i cinquemila amici sei considerato meno del pulcino Calimero. Quando Berlusconi è sbarcato su twitter aveva già una ridda e una sporta di fan. Beppe Grillo passerà alla storia patria non per la sua brillante carriera di comico-fustigatore delle lobby, ma come autentico guru della rete e leader politico. In coppia con Gianroberto Casaleggio il Beppe nazionale ha piegato i sondaggi ai suoi voleri. Il Movimento cinque stelle è alle stelle, super Mario Monti cerca voti su twitter. L’avreste mai pensato? Si fa presto a dire America, poi però cade il collegamento wireless e non cinguetti più. E non è sempre domenica, di stupidaggini che scuotono la rete non ce ne sono poi molte. Berlusconi non è inesauribile, anche se con i suoi soldi e la storiella dell’Imu è riuscito a tenere banco per una settimana.
I novelli navigatori si sono incagliati sulla patrimoniale. Difficile metterci un hashtag davanti e liquidarla con una semplice battuta. Sarà anche una parola “antica”, già conosciuta dagli italiani quando esisteva il Pci, ma non perde un grammo della sua attualità. Berlusconi lo dice chiaro e tondo: “Prima di introdurre la patrimoniale dovrete passare sul mio corpo”. Il Pdl non vuole tasse sui ricchi, e nemmeno sulle loro case. Non per caso la proposta “choc” berlusconiana è l’abolizione dell’Imu. La maggioranza degli italiani l’ha derubricata a promessa elettorale, insomma una bufala, una cospicua minoranza invece crede al Cavaliere. E anche i cosiddetti mercati l’hanno presa sul serio, così lo spread è risalito. Ma questa è per tanti versi un’altra storia. Se poi l’Imu è stata votata da un Parlamento in cui il partito più numeroso era il Pdl, fa niente. Lo smemorato di Arcore fa impallidire quello di Collegno.
Mezzo Pd non vuol sentir parlare di patrimoniale, l’altra metà sì, il partitone tricolore è grande e soprattutto vario. Stretto fra l’uscio e il muro, Bersani ha rotto gli indugi: “Non voglio fare Robespierre o Saint-Just: niente patrimoniale ma solo la tracciabilità fiscale”. Il leader del Pd ha spiegato di non volerla sui patrimoni finanziari, come invece aveva proposto l’alleato Vendola, e ha smentito Berlusconi che lo accusava di voler mettere le mani sui risparmi degli italiani. A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina. La frenata sulla patrimoniale viene vista come un’apertura ai montiani.
Mario Monti non vuole la patrimoniale, altrimenti il suo elettorato torna dal Cavaliere. Il professore lo dice un giorno sì e l’altro pure: “La patrimoniale mai”. Il premier in loden aggiunge che un’eventuale collaborazione con i democrat è possibile solo se il partitone tricolore mette a tacere non solo la Sel di Vendola ma anche la Cgil di Susanna Camusso, che di patrimoniale invece vuole discutere e soprattutto vorrebbe fosse fatta. Come andrà a finire? Da quelle parti la confusione è tanta. Di sicuro la sinistra di Rivoluzione civile vuole la patrimoniale, e l’ha messa nel suo programma elettorale, nero su bianco. Come spesso accade in rete, il più bravo è Beppe Grillo, che posiziona il suo hashtag davanti alla parola tasse e spara alzo zero su tutti i suoi rivali. Cerca la rissa, come di consuetudine.
Quando finirà la campagna elettorale e gli italiani potranno finalmente far sapere come la pensano, il nodo della patrimoniale verrà al pettine. Anche gli uccellini che cinguettano sull’albero della rete dovranno farci i conti. Scommettiamo?