Nel nostro paese gli anziani non autosufficienti sono circa 3 milioni: in questo caso è la famiglia la prima fonte di aiuto, in presenza di una scarsità di servizi di assistenza da parte del sistema pubblico.
I malati di Alzheimer oggi in Italia sono oltre 500 mila, i nuovi casi sono stimati in circa 80 mila all’anno e si tratta di un dato destinato ad aumentare. Tutti gli indicatori prevedono per il 2020 circa 113 mila nuovi casi di demenza attribuiti all’Alzheimer ogni anno.
La loro condizione e quella dei loro familiari è indicativa delle difficoltà del nostro sistema sanitario e socio assistenziale nell’affrontare risposte e soluzioni adeguate per la presa in carico delle patologie croniche invalidanti che potranno accompagnarsi alla condizione anziana.
Non è quindi un caso che una delle più significative variazioni del modello di assistenza, così come evidenziato da una ricerca Aima–Censis realizzata su un campione di caregiver di malati di Alzheimer, consista nell’aumentato ricorso alle ‘badanti’ per il 43,9% del campione contro il 30% circa nel 1999. Il 32,7% dei malati è assistito da ‘badanti’ straniere (erano il 7,5% nel 1999), sono donne nel 95,1% dei casi e nell’89,9% senza titolo professionale, l’82,3% viene retribuito con denaro dello stesso malato o del coniuge.
Ecco perché il modello auspicabile, su cui il Sindacato pensionati e la Confederazione stanno da tempo lavorando, è quello di interventi a rete dei servizi su cui la famiglia e il malato possano contare; una sorta di intervento modulare che mitighi, senza sostituire la delega alla famiglia, i carichi di cura. A livello territoriale vanno sviluppati servizi che accompagnino famiglie e assistenti familiari, che li tutelino attraverso sostegni anche economici, sgravi fiscali, programmi di formazione, luoghi dedicati all’incontro domanda e offerta. La figura dell’assistente familiare deve entrare nel sistema integrato di servizi sociali e socio-sanitari. E va raccordata questa figura con la rete dei servizi socio-assistenziali e socio sanitari presenti nel territorio, prevedendo un circuito tra servizi pubblici (segretariato sociale, assistenza domiciliare, centri semi-residenziali diurni, dimissioni protette ) famiglie, cooperative di servizi, volontariato.
Vanno realizzate azioni per l’emersione del lavoro di cura domiciliare, attraverso la costituzione di osservatori per la conoscenza dei fenomeni, l’istituzione di Albi o registri delle assistenti familiari a livello comunale/regionale con il duplice aspetto di rendere più semplice per gli anziani e alle loro famiglie la ricerca e l’individuazione di assistenti familiari e offrire opportunità di emersione di lavoro sommerso, di crescita professionale e inserimento lavorativo, qualificazione del lavoro di cura e sostegno alle famiglie nel concorso alla regolarizzazione.
F.M.