Nella vertenza Autogrill il sindacato strappa un altro mese per trovare soluzioni che evitino i 140 licenziamenti annunciati a gennaio: a pochi giorni dalla scadenza della fase sindacale (15 marzo) nelle procedure di mobilità si è ottenuto che l’analisi dei dati e degli esuberi dichiarati da Autogrill su tutto il territorio nazionale venga fatta su base regionale. Per Giorgio Ortolani (segretario Filcams a Milano) “ci sembra non corretto che un’azienda importante come Autogrill si permetta di rappresentare agli organi istituzionali che dovrebbero in caso di crisi erogare eventuali ammortizzatori sociali una situazione che non corrisponde alla realtà”.
Non ha dubbi Ortolani: la vicenda Autogrill è eminentemente politica. L’azienda vuole sfruttare la situazione di difficoltà per cambiare in maniera significativa le relazioni sindacali e le condizioni oggettive dei lavoratori in azienda. Un passo indietro: Autogrill ha comunicato, in gennaio, l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per 140 dipendenti del canale autostradale. Le motivazioni addotte dall’azienda sono di carattere economico: nel primo semestre 2012 i ricavi sono calati del 10% (la società non è in rosso, semplicemente passa da 648 milioni di € a 581 milioni di ricavi, quindi continua a realizzare utili), riduzione proseguita anche nei messi successivi: questa viene imputata dalla società alla riduzione del traffico veicolare in autostrada (anche per il forte aumento del costo dei carburanti, oltre che dei pedaggi autostradali) e alla riduzione della capacità di spesa dei viaggiatori che ha portato a ridurre sia le consumazioni che il valore delle stesse; due conseguenze della crisi in atto da anni.
Già lo scorso anno Autogrill aveva tentato di dichiarare 70 esuberi, ma questo intendimento era stato sventato dalla mobilitazione dei sindacati e dei lavoratori. Ora la società di Benetton torna alla carica, ma questa volta la posizione di Autogrill è più subdola. Viene proposta agli esuberi una soluzione “preconfezionata” dall’azienda ed in via del tutto unilaterale: per evitare il licenziamento i lavoratori dovrebbero sottoscrivere entro il 21 aprile una “dichiarazione di disponibilità” ad essere trasferiti in una nuova stazione di servizio lungo il canale autostradale situata entro 50 chilometri dall’attuale sede di lavoro. Ma soprattutto dovrebbero accettare di essere demansionati e di ridursi l’orario di lavoro a 20 ore settimanali: in questo modo, demansionamento e dimezzamento dell’orario lavorativo farebbero precipitare i salari da 1.200-1.400 euro mensili ad un massimo di 500-600 euro.
“E’ evidente che il tentativo di Autogrill – attacca Giorgio Ortolani – è quello di usare la crisi per abbassare il costo del lavoro imponendo ai lavoratori una soluzione che scavalca completamente il sindacato”. L’adesione alla proposta dell’azienda, infatti, avverrebbe in via del tutto individuale compilando il modulo informatico già predisposto dall’azienda e cancellando ogni forma di contrattazione sindacale.
Ma in questa vicenda c’è un altro aspetto che non quadra. In provincia di Milano (1391 dipendenti a tempo indeterminato), unica realtà lombarda dove finora Autogrill ha fornito i dati occupazionali alle organizzazioni sindacali, l’azienda ha comunicato lo scorso mese di gennaio che nel 2012 c’è stata un’assunzione media mensile di 131 lavoratori con contratto a termine e 131.000 ore tra straordinario e supplementare da gennaio a novembre 2012. In molte stazioni di servizio sono stati i contratti a termine e le ore di straordinario a garantire la continuità del servizio: il lavoro, quindi, non manca. Appare evidente, insomma, che i motivi economici dichiarati alla base della procedura di licenziamento non esistono: si vuole soltanto peggiorare le condizioni dei lavoratori e ottenere una vittoria politica nei confronti del sindacato.
L’azienda infatti ha rifiutato ogni altra proposta alternativa: utilizzo di ammortizzatori sociali, aspettative o riduzioni di orario per motivi familiari. È stata anche rigettata una soluzione alla quale Autogrill aveva fato ricorso negli anni scorsi: cioè la disponibilità manifestata dai lavoratori a lavorare maggiormente in alcuni periodi dell’anno per gestire i maggiori flussi di clientela (ad esempio in corrispondenza di periodi feriali) e in altri a lavorare meno a parità di salario.
Autogrill appare intenzionata a procedere a testa bassa anche per proseguire la sua politica di riduzione dei costi del personale (ad esempio non ci sono certezze a proposito dei negozi di centri commerciali o di città in scadenza di locazione o per i siti autostradali in scadenza di concessione tra il 2013 e il 2014), ma la Filcams è già intervenuta presso Direzione Territoriale del Lavoro, Regione Lombardia e Ministero del Lavoro per chiedere di verificare di accertare la correttezza della procedura di licenziamento collettivo attivata da Autogrill. Con la “regionalizzazione” della verifica dei dati sui presunti esuberi si potrà smascherare il concreto comportamento della società.