Dai no Tav ai no Cie, c’erano tutti i movimenti italiani a salutare per l’ultima volta don Andrea Gallo. Il fondatore della comunità genovese di San Benedetto al Porto, instancabile difensore degli ultimi, era diventato (anche suo malgrado) un simbolo. Con il suo quotidiano impegno di prima linea a sostegno della parte più disagiata e sofferente della popolazione, rappresentava l’Italia che continua a resistere. Ancora non piegata dalle spinte del neoliberismo capitalista, che vuole superare la sua ultima, profondissima crisi imponendo con la forza un nuovo modello sociale. Contro cui si battono, in ultima analisi, tutte le realtà di movimento, così come le abbiamo conosciute in questi anni.
Al funerale del “prete da marciapiede”, le parole di don Luigi Ciotti hanno tratteggiato bene i motivi per cui i movimenti sociali, arrivati da ogni angolo della penisola, erano dentro e fuori la piccola chiesa di San Benedetto: “Con don Gallo – ha elencato il fondatore di Libera – abbiamo condiviso il G8 di Genova; la ferita interminabile della morte di Carlo Giuliani; la sana rabbia di fronte alla base Usa di Vicenza; la vergogna per lo stato delle carceri e per i Cie, e il no alle grandi opere. Cosa ce ne facciamo delle ‘grandi opere’, quando non ci sono i soldi per i servizi?”.
Nel ricordo di Luigi Ciotti anche alcune delle tante iniziative che erano state avviate dalla comunità di San Benedetto al Porto: si va dalla battaglia civile per l’acqua pubblica, alla campagna delle “mani blu” contro chi voleva prendere le impronte digitali ai rom. Fino alle mobilitazioni contro le politiche criminogene e repressive dei governi, non solo di destra, su marijuana e hashish. Uomo di movimento a 360 gradi, don Gallo ci lascia questa magnifica eredità, sintetizzata da Moni Ovadia con una rivelatrice citazione di Carlo Marx: “La felicità è lottare”.