"La priorità è il lavoro, non l'Iva e l'Imu" - di Frida Nacinovich

Intervista a Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro della Camera

Onorevole Damiano, lei presiede la XI commissione di Montecitorio, quella che si occupa di lavoro, come essere un vigile del fuoco impegnato in Sardegna nei periodi più caldi dell’anno. Anche oggi l’Istat ha diffuso dati sconfortanti: era dal 1977 che in Italia non si registrava una percentuale così alta di disoccupati, superiore al 12%. Che fare? E soprattutto come invertire la rotta quando la maggioranza che sostiene il governo Letta è così composita (Pd, Pdl, Scelta civica)?
La crisi ha aggravato la disoccupazione e ne ha accelerato la crescita. Bisogna quindi guardare un po’ più indietro e valutare le politiche per l’occupazione. Quando ero ministro del Lavoro, il Governo Prodi  ha ridotto il cuneo fiscale di 3 punti percentuali. Misure nette di incentivi all’occupazione non ne abbiamo viste altre. In un paese il cui prodotto interno lordo è cresciuto lentamente,negli ultimi dieci anni, la disoccupazione non poteva che crescere. Le misure recenti del Governo, tra le quali il decreto sugli incentivi all’occupazione in particolare per i giovani, costituiscono una prima inversione di tendenza. Serviranno nuove misure e serve continuità. La composizione attuale della maggioranza non è quella che avrei desiderato, ma è il senso di responsabilità verso il Paese e la crisi non potevano aspettare. Questo Governo ha il dovere di fare delle cose, ed è lì per rispondere ai bisogni inderogabili dei cittadini. Se poi mi si chiede se sia una priorità il blocco dell’aumento dell’Iva o la cancellazione dell’Imu, rispondo di no. Priorità sono il lavoro, le pensioni, gli investimenti nello sviluppo.

Se Atene piange, Sparta non ride. In Europa i disoccupati sono molte decine di milioni. Le politiche messe in campo da Bruxelles sono state fino ad oggi insufficienti, tanto che l’ultimo Consiglio d’Europa ha deciso di aprire i cordoni della borsa progettando un piano straordinario a sostegno dell’occupazione giovanile. Ma molti senza lavoro hanno più di trentacinque anni. Secondo lei è stato sufficiente lo sforzo dell’Ue? Oppure ci sarebbe bisogno di misure ben più incisive?
L’estensione degli incentivi all’occupazione fino ai 35 anni di età l’ho sostenuta e continuo a sostenerla. Anche perché è una fascia d’età in cui i carichi familiari hanno il loro peso. In questo momento il governo non l’ha previsto, ma la strada da percorrere è quella dell’estensione delle misure. Nell’attuale decreto è stato anche inserito un incentivo alle assunzioni per tutti i lavoratori che usufruiscono dell’Aspi: vale a dire che se un lavoratore è assunto, il 50%  dell’assegno va all’imprenditore. Un piccolo incentivo che va nella direzione giusta. Nella legge di stabilità del prossimo ottobre spero sia inserito un taglio del costo del lavoro che abbia carattere strutturale.  

La Cgil ha presentato nei mesi scorsi un approfondito Piano per il lavoro, con una serie di possibili risposte all’emergenza occupazione e più in generale alla crisi del sistema produttivo italiano. Secondo lei potrebbero essere applicate le ricette del sindacato di Corso Italia?
Il Piano del lavoro elaborato dalla Cgil è molto articolato e interessante. In generale si pone l’attenzione all’investimento pubblico come sostegno all’economia e l’individuazione di due fasi di attuazione dello stesso Piano. La prima affronta le emergenze nel medio periodo, la seconda riguarda la stagione delle riforme. Ne condivido l’impostazione che guarda con consapevolezza alla dimensione delle problematiche che riguardano non solo la crisi congiunturale, ma l’idea etica e sistemica del Paese. Rispetto ai temi correnti su cui il governo lavora per sostenere l’occupazione ritengo, come già detto, che si stia andando nella direzione giusta, anche se è necessario fare più sforzi per far sì che i beneficiari degli interventi siano la platea più vasta possibile. Un primo passo, al quale ne vanno aggiunti altri. E’ notizia di oggi che l’Italia ha ottenuto dall’Unione europea una maggiore flessibilità per poter fare investimenti produttivi e rilanciare la crescita: un segnale positivo che permetterà di aiutare lo sviluppo dell’economia.   

Un’ultima domanda: la legge Fornero è stata ritoccata, ma non nel senso auspicato da molti. Anzi, il lavoro giovanile ne potrebbe uscire ancora più precarizzato. Non è un bel segnale per un governo che, si dice, potrebbe durare per l’intera legislatura.
Il decreto Giovannini crea maggiore flessibilità in entrata nel mondo del lavoro. La lunghezza della  pausa tra un contratto e l’altro era stata segnalata dagli stessi lavoratori, che si trovavano a dover essere inattivi per 60-90 giorni. Una modifica fatta pensando al lavoro ed ai lavoratori. Sempre nel decreto, aver previsto la tutela del licenziamento in bianco per il lavoro a progetto, è un’estensione positiva delle tutele. Sono misure che vanno contro la precarizzazione. Altro punto importante è l’intervento previsto di riorganizzazione dei Centri per l’Impiego che è il punto focale per far incontrare domanda e offerta di lavoro.


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