Lotta in azienda e vita sindacale: l'esempio della Cgt - di Matteo Gaddi

Rastelli: “Ora stiamo organizzando, come Rsu unitarie, una campagna contro la legge Fornero sulle pensioni...”.

Undici rinnovi di contratti aziendali hanno consentito di mantenere l’adesione di lavoratori anche sul finanziamento dell’attività sindacale: “Esiste dal 1977, avviene in busta paga attraverso una quota percentuale sullo stipendio dello 0,15%; è assolutamente volontaria, anche chi non paga ha la stessa assistenza, ma l’adesione è al 98%, quadri compresi. Con queste risorse copriamo le spese per i coordinamenti nazionali, le assemblee in giro per l’Italia per costituire il sindacato dove non c’era e per rafforzarlo dove c’è; per fare i seminari annuali su sicurezza, lavoro e ambiente, questioni di formazione sindacale (contrattazione, fisco, pensioni)”.
Si è trattato di girare parecchio visto che la situazione aziendale vedeva l’Italia divisa in due con la Cgt al Nord ed una azienda del Sud (Maia) in situazione prefallimentare assorbita dalla prima. Sono stati messi assieme lavoratori con storie e trattamenti contrattuali completamente diversi, ma nel giro di due anni è stato unificato il trattamento. “I lavoratori della Maia non avevano una contrattazione aziendale significativa, ma in due anni siamo riusciti a estendere 30 anni di contrattazione aziendale a tutti i lavoratori: un processo concluso lo scorso anno mettendo fine al doppio binario salariale, normativo e anche organizzativo”. Sì, perché anche sul piano organizzativo la parola d’ordine è “unità”: “Quando dalla Cgt è stata scissa la Cls (logistica sistemi) per decisione del consiglio di amministrazione, noi ne abbiamo preso atto perché la normativa glielo consentiva, ma noi, come lavoratori, abbiamo deciso di non dividerci: nonostante siano due aziende diverse il coordinamento sindacale è unico e le assemblee sindacali vengono fatte assieme”.
Nessuna logica di scambio: “A volte il sindacato ai tavoli nazionali si impegola in trattative che portano ad una logica di scambio esasperato dove sembra che i dirigenti sindacali vogliano insegnare ai padroni come fare i padroni. Noi invece abbiamo sempre puntato sul fatto che ciascuno rappresenta la propria parte: l’azienda gli azionisti, noi i lavoratori. In base a questo si trova la mediazione”. Questo non significa non farsi carico dei problemi generali: “Sappiamo benissimo che non puoi mettere l’azienda in un angolo togliendole possibilità di sviluppo, ma in questi casi devi far convivere e armonizzare le esigenze aziendali con quelle dei lavoratori. Ad esempio il lavoro domenicale non l’abbiamo mai accettato se non come un fatto volontario, e con forti incentivi. Se l’azienda non trova volontari può richiedere prestazioni domenicali ma fatta salva quella percentuale di lavoratori che per motivi religiosi o politici rifiutava il lavoro domenicale perché doveva andare in chiesa o in sezione. In questo modo alcuni non hanno mai fatto un’ora di straordinario, altri hanno fatto quelle che ritenevano di fare”.
La storia delle lotte in azienda si intreccia strettamente con la vita sindacale più generale: “Le assemblee autoconvocate che a partire dall’Eur raggiungono i momenti più alti con il Palalido e la manifestazione di Roma; la ripresa delle lotte dopo il 1993 con il movimento dei consigli unitari (nonostante ci snobbassero chiamandoci “fantasmi”).” E una collocazione in Cgil ben precisa: la sinistra sindacale costituita prima da Alternativa Sindacale e poi da Lavoro e Società: “Prima della fusione con Maia posso dire che pressoché tutta gli iscritti Cgil fossero sulle posizioni della sinistra sindacale; le fabbriche Maia del Sud vengono da una storia diversa ma grazie al lavoro fatto alcuni compagni hanno già manifestato un chiaro posizionamento”.
Ovviamente i problemi non mancano quando si parla di riconoscimento del pluralismo interno: “A livello nazionale, in Filcams, non è stata riconosciuta la nostra la nostra specificità tanto è stata messa in segreteria la seconda mozione ma non è stata data rappresentanza alla nostra posizione”.
Parallelamente all’attività sindacale Bruno ha svolto anche un’intensa attività politica: “Abbiamo avuto una sezione del Pci di fabbrica molto forte negli anni ‘70; poi abbiamo organizzato la presenza di Rifondazione fino al 1998 quando siamo passati al Pdci facendo la cellula di fabbrica con 15 iscritti. Adesso stiamo costruendo il Movimento per il Partito del Lavoro avendo già ottenuto oltre 20 adesioni”.
Sindacato e politica in fabbrica, quindi, ma senza mai mischiare le due cose. Quello che accomuna i due ambiti è la rappresentanza di classe, sia come sindacato che come organizzazione politica: “In questi anni abbiamo sentito la mancanza di una sponda politica, per questo ne abbiamo sollecitato la costruzione”.
Dopo decenni di lotte,l’impegno e l’entusiasmo di Bruno sono un esempio per i giovani che si avvicinano alla lotta di classe: “Adesso ti lascio perché stiamo organizzando, come Rsu unitarie, una campagna contro la legge Fornero sulle pensioni”.
M. G.


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