Dalle bollette di luce e gas, alle raccomandate, per finire alle cartoline delle vacanze e ai biglietti di auguri, tutto passa per i centri di meccanizzazione postale. Duecentosettanta lavoratori impegnati nella manutenzione in ventuno centri sparsi in tutta la penisola, che controllano un flusso enorme di comunicazioni. Parliamo di macchine molto sofisticate, attrezzature complesse, un mosaico di motori e pulegge, fotocellule ed elettrovalvole, compressori e impianti pneumatici, cinghie e rulli. La manutenzione non è un dettaglio, anzi è essenziale. Ed è necessario affidarla a personale qualificato.
Anche nell’epoca digitale, sono milioni e milioni gli italiani che preferiscono ricevere lettere e bollette per posta. Ora i centri meccanizzati postali sono nell’occhio del ciclone. Tutta colpa del “solito” cambio di appalto deciso da Poste Italiane spa. Mauro Sciascia, che lavora al centro meccanizzato di Bari, racconta che cosa è successo e quali sono gli effetti collaterali della scelta del management dell’ad Massimo Sarni. “L’azienda che ha vinto l’appalto, scaduto circa un anno fa, intende assumere solo centosettanta dei duecentosettanta lavoratori italiani, per giunta abbandonando il contratto nazionale al quale il reparto ha fatto riferimento negli ultimi trent’anni. Tutto questo facendo un massiccio utilizzo di forza lavoro interinale”. Risultato: se fino a un anno fa Mauro Sciascia era un delegato sindacale della Fiom adesso lo è della Filcams.
Poste Italiane – con l’ultima gara d’appalto – ha affidato la manutenzione dei macchinari dei centri postali alla Ph Facility. Un’impresa importante, con mille dipendenti, che però si occupa di pulizie. Il settore della manutenzione dei cmp era storicamente in mano a due aziende: Stac Italia e Logos, che lavorano in subappalto anche per la Selex Es di Finmeccanica. Per trent’anni gli operai si sono occupati della manutenzione delle macchine costruite proprio da Selex. Dal primo novembre l’appalto è passato a Ph. Lo vince con Selex Es che – abbandonando Stac e Logos – la sceglie come partner, accaparrandosi una gara da circa 90 milioni di euro pubblici. Stac e Logos provano a gareggiare, alleandosi con Siemens, ma perdono perché il ribasso di Selex e Ph Facility è superiore. “La solita gara al ribasso”, osserva Sciascia. C’è dell’altro: “Ancor prima di vincere l’appalto Selex e Ph avevano iniziato a fare contrattazioni individuali per assumere operai Stac e Logos. Non per caso oltre alla vertenza sindacale, abbiamo avviato anche un ricorso legale nei confronti di Selex per interposizione di manodopera”. Una volta aggiudicato l’appalto, chi non era nell’elenco dei ‘salvati’ è stato messo in cassa integrazione. Va da sé che i lavoratori stanno protestando, hanno iniziato un presidio il primo novembre e non si arrendono. “Dopo l’ingresso di Ph – prosegue Sciascia – gli operai addetti alla manutenzione sono soltanto cento, un terzo della forza lavoro necessaria. La manutenzione delle macchine non sta funzionando a pieno regime, così la posta si accumula giorno dopo giorno”.
Capitolo contratto: “Ph vuole inquadrarci con un contratto da operaio multiservizi – rivela Sciascia – Quando noi siamo lavoratori metalmeccanici di quinto livello, con decenni di esperienza alle spalle. Da trent’anni lavoriamo per Poste Italiane, in un settore come quello della manutenzione dove l’esperienza è fondamentale”.
Il resto è cronaca di oggi. E, c’è da scommettere, anche di domani. I sindacati hanno incontrato i dirigenti del ministero dello Sviluppo economico e li incontreranno di nuovo “Pure Selex e Poste italiane devono venire al tavolo della trattativa e farsi carico del lavoro e della vita di tutti gli addetti alla manutenzione – puntualizza Sciascia – non possono certo lavarsene le mani, scaricando la colpa su Ph. Perché se Ph assume 170 persone, questi sono i dipendenti calcolati in proporzione alla base di asta con cui Ph si è aggiudicata il bando di gara. Quello che manca è la clausola sociale. In altre parole Poste e Selex, in qualità di committenti, dovevano assicurare l’impiego di tutti i 270 addetti. Per di più nel passaggio di categoria arriva l’articolo 4, che i metalmeccanici non hanno. E’ quello che prevede la ‘protezione’ del personale in caso di cambio di appalto. L’azienda che subentra deve dunque farsi carico dei lavoratori”. I lavoratori dei centri di meccanizzazione postale hanno anni di esperienza alle spalle. “Facciamo questo lavoro dal 1979. Anche gli ultimi arrivati hanno un’esperienza di minimo dieci anni alle spalle”.
Una vicenda articolata e complessa, in un settore particolarmente importante per i cittadini, e destinata a non chiudersi così. “Quasi l’85% di noi sono iscritti alla Cgil”. Erano Fiom e ora sono Filcams.
(tratto da ‘L’Officina del lavoro’, settimanale di attualità sindacale, www.lofficinadellavoro.it)