Anche se gli italiani usano sempre meno l’automobile, il fascino del nastro d’asfalto è duro a morire. Complice la crisi e le scelte sempre più di massa di una mobilità “intelligente” (treni, tramvie, metropolitane), negli ultimi anni i consumi di carburante si sono ridotti in maniera considerevole. Ma la politica dei governi Berlusconi, Monti e Letta ha continuato a indirizzarsi ben più sulla gomma che sul ferro. Prova ne sono i flussi di finanziamento diretti alla ristrutturazione, o alla costruzione ex novo, di nuove arterie stradali. Con l’obiettivo di accontentare la ramificata filiera del trasporto privato, le politiche governative hanno trovato però la crescente contestazione dei cittadini, Specialmente quando le nuove opere infrastrutturali sono apparse, già a prima vista, inutili. Non solo rispetto alle esigenze dei viaggiatori, soprattutto perché autentici doppioni di strade, superstrade e autostrade già esistenti.
Un caso da scuola è quello dell’autostrada regionale Cispadana. Sono 67 chilometri di nuovo asfalto per unire Reggiolo a Ferrara, con l’ipotesi di proseguire fino a Ravenna. Tagliando ulteriormente in due l’Emilia, una regione che - cartina alla mano - è già abbondantemente coperta da assi viari di ogni genere. Contro il progetto si batte da anni il popolare comitato No Cispadana, subito pronto a rilevare che la nuova autostrada attraversa un territorio a storica vocazione agro-industriale, ricchissimo di produzioni dop e docg come il Parmigiano reggiano e il Grana padano. Insieme al rischio per l’ecosistema, c’è poi un consumo di suolo calcolato in quasi duemila ettari e la distruzione fra l’altro del parco regionale del Malaffitto, donato secoli fa da Matilde di Canossa.
Il proverbio recita: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. A riprova, i sostenitori del progetto - in prima fila il Pd – si sono tragicamente trovati alle prese, in due distinte occasioni, della impraticabilità della grande opera cui tanto tengono. Prima il terremoto, che ha evidenziato la sismicità di tutta l’area, valutata a “rischio A” (il più alto) da una commissione di esperti voluta dallo stesso presidente regionale Vasco Errani. A ruota è arrivata l’alluvione, che se ci fosse stata l’autostrada avrebbe ulteriormente aggravato la già drammatica situazione in cui si è trovato il territorio provinciale di Modena.
A gennaio sono scaduti i termini per la presentazione delle osservazioni, arrivate in quantità, alla commissione Via del ministero dell’ambiente. Nel mentre gli attivisti del comitato No Cispadana hanno lanciato una petizione online sulla popolare piattaforma Change.org, chiedendo a Errani e al suo assessore alle infrastrutture, Alfredo Peri, di non andare avanti con il progetto. Che però ha come sponsor la potente Società Autobrennero, concessionaria al 51% dell’autostrada, mentre il 49% restante è della reggiana Coopsette e della Pizzarotti di Parma. Insomma per il comitato è come giocare al Bernabeu contro il Real Madrid.
Le scommesse del projectDalla Livorno-Civitavecchia alla Orte-Mestre la moda degli ultimi tempi è quella del project financing: si ristrutturano le superstrade già esistenti, trasformandole in autostrade vere e proprie, da affidare in concessione per decine e decine di anni ai privati cui vengono affidati i lavori. Il motivo ufficiale è la carenza di fondi dell’Anas, la società pubblica che dovrebbe curare la manutenzione di statali e strade pubbliche di grande comunicazione, lasciate invece in progressivo degrado. Fino a quando le proteste dei viaggiatori, anche giustificate ma magari amplificate dai media, “costringono” all’intervento di adeguamento. |