Cispadana, l'autostrada inutile - di Riccardo Chiari

Anche se gli italiani usano sempre meno l’automobile, il fascino del nastro d’asfalto è duro a morire. Complice la crisi e le scelte sempre più di massa di una mobilità “intelligente” (treni, tramvie, metropolitane), negli ultimi anni i consumi di carburante si sono ridotti in maniera considerevole. Ma la politica dei governi Berlusconi, Monti e Letta ha continuato a indirizzarsi ben più sulla gomma che sul ferro. Prova ne sono i flussi di finanziamento diretti alla ristrutturazione, o alla costruzione ex novo, di nuove arterie stradali. Con l’obiettivo di accontentare la ramificata filiera del trasporto privato, le politiche governative hanno trovato però la crescente contestazione dei cittadini, Specialmente quando le nuove opere infrastrutturali sono apparse, già a prima vista, inutili. Non solo rispetto alle esigenze dei viaggiatori, soprattutto perché autentici doppioni di strade, superstrade e autostrade già esistenti.
Un caso da scuola è quello dell’autostrada regionale Cispadana. Sono 67 chilometri di nuovo asfalto per unire Reggiolo a Ferrara, con l’ipotesi di proseguire fino a Ravenna. Tagliando ulteriormente in due l’Emilia, una regione che - cartina alla mano - è già abbondantemente coperta da assi viari di ogni genere. Contro il progetto si batte da anni il popolare comitato No Cispadana, subito pronto a rilevare che la nuova autostrada attraversa un territorio a storica vocazione agro-industriale, ricchissimo di produzioni dop e docg come il Parmigiano reggiano e il Grana padano. Insieme al rischio per l’ecosistema, c’è poi un consumo di suolo calcolato in quasi duemila ettari e la distruzione fra l’altro del parco regionale del Malaffitto, donato secoli fa da Matilde di Canossa.
Il proverbio recita: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. A riprova, i sostenitori del progetto - in prima fila il Pd – si sono tragicamente trovati alle prese, in due distinte occasioni, della impraticabilità della grande opera cui tanto tengono. Prima il terremoto, che ha evidenziato la sismicità di tutta l’area, valutata a “rischio A” (il più alto) da una commissione di esperti voluta dallo stesso presidente regionale Vasco Errani. A ruota è arrivata l’alluvione, che se ci fosse stata l’autostrada avrebbe ulteriormente aggravato la già drammatica situazione in cui si è trovato il territorio provinciale di Modena.
A gennaio sono scaduti i termini per la presentazione delle osservazioni, arrivate in quantità, alla commissione Via del ministero dell’ambiente. Nel mentre gli attivisti del comitato No Cispadana hanno lanciato una petizione online sulla popolare piattaforma Change.org, chiedendo a Errani e al suo assessore alle infrastrutture, Alfredo Peri, di non andare avanti con il progetto. Che però ha come sponsor la potente Società Autobrennero, concessionaria al 51% dell’autostrada, mentre il 49% restante è della reggiana Coopsette e della Pizzarotti di Parma. Insomma per il comitato è come giocare al Bernabeu contro il Real Madrid.

 

Le scommesse del project

Dalla Livorno-Civitavecchia alla Orte-Mestre la moda degli ultimi tempi è quella del project financing: si ristrutturano le superstrade già esistenti, trasformandole in autostrade vere e proprie, da affidare in concessione per decine e decine di anni ai privati cui vengono affidati i lavori. Il motivo ufficiale è la carenza di fondi dell’Anas, la società pubblica che dovrebbe curare la manutenzione di statali e strade pubbliche di grande comunicazione, lasciate invece in progressivo degrado. Fino a quando le proteste dei viaggiatori, anche giustificate ma magari amplificate dai media, “costringono” all’intervento di adeguamento.
Per la E45 – la Orte-Mestre – siamo alle battute iniziali, con il Cipe che ha dato il via libera a un progetto preliminare che coinvolge cinque Regioni (Lazio, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Veneto), per una una lunghezza di 396 chilometri di cui quasi 140 di ponti e viadotti, 65 di gallerie naturali e artificiali, 120 cavalcavia, 226 sottovia e 83 svincoli. L’investimento teorico è di circa 9,85 miliardi di euro, di cui 9 privati, con una concessione di 49 anni e la previsione di nove anni di lavori. Attesi, a giudicare dalle prime reazioni dei territori interessati, più con speranze che con timori. Almeno fin quando non sarà chiaro a tutti il reale impatto di un’opera tanto ambiziosa quanto complessa.
Al contrario ci sono più timori che speranze per la futura autostrada Tirrenica, opera contestata dalle associazioni ambientaliste, da numerosi comitati locali e dalle forze politiche alla sinistra del Pd. Il motivo è che la Livorno-Civitavecchia si snoderebbe in gran parte sul tracciato dell’attuale variante Aurelia, realizzata con finanziamenti pubblici. Inoltre i flussi di traffico non giustificherebbero tanto una nuova autostrada, quanto piuttosto un adeguamento superstradale dell’intero percorso. Anche in questo caso però i fan dell’autostrada fanno rilevare che Anas non ha i fondi per la manutenzione, assicurati invece (almeno in teoria) dalla società Sat. Creata ad hoc, e che ha ottenuto una concessione di oltre 30 anni. Anche se ad oggi è riuscita a realizzare solo quattro chilometri di strada.


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